A due passi
dalla rumorosa e trafficata stazione Termine, un’impensabile oasi di silenzi e
di pace: il chiostro di Michelangelo, ricavato tra le antiche Terme di
Diocleziano come la chiesa di santa Maria degli Angeli. Era il più grande impianto
termale mai costruito a Roma, capace di 3000 persone, con palestre,
biblioteche, piscina, ambienti termali. In questi ambienti Michelangelo ha ideato
il convento dei Certosini con il più grande chiostro che io abbia mai visto,
con bracci di 100 metri, scanditi ciascuno da 100 colonne monolitiche. Oggi non
vi passeggiano più i monaci, ma mi dimorano, immobili sculture, sarcofagi,
altari e basi di statue dell’età imperiale.
Ieri, giorni dell'Ascensione, ho voluto
invece riportarlo alla sua originaria vocazione di luogo di meditazione e di
preghiera. E vi ho pregato, con la campana dell’orologio che mi scandiva il
passare del tempo. Ho meditato sul Mytos e sul Logos. Ho letto pagine di luce
sul “riposo amoroso” della mistica Helena Kowalska, del suo “annegare in Dio”, “immergersi
nella Divinità”, “sprofondare in Dio”. Un’anima straordinaria, desiderosa di un
amore per Gesù così grande come “ancora nessuna anima umana l’aveva amato”. Un’anima
semplice con una via di santità semplice: “La mia santità e perfezione consiste
nell’intima unione della mia volontà alla volontà di Dio”.
Il chiostro,
spalancato sul cielo azzurro, sembrava assecondare l’Ascensione al cielo di Gesù e dei suoi santi.
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