Quindici giorni fa ero
a Vitorchiano, nella celebra trappa nata a Grottaferrata e che nel 1950 aveva
dovuto cercare un ambiente più grande perché ormai erano troppe le ragazze che
volevano diventare suore: Gabriella della trappa o dell’unità, con la sua vita breve
e intensa, con la sua offerta per l’unità della Chiesa, aveva attirato tante nuove
vocazioni.
La sua vita fu
conosciuta in tutta Italia grazie ad una biografia scritta da suor Maria Giovanna Dore, pochi anni dopo la
sua morte. Il successo era dovuto alla presentazione del più noto scrittore
cattolico dell’epoca, Igino Giordani.
Giordani visitò la
trappa di Grottaferrata la prima volta, assieme a p. Mondragone, in una piovosa
giornata del gennaio 1940. Così racconta quella visita - riporto alcuni stralci -, dandoci un saggio della sua comprensione della clausura.
Il parlatorio è una breve stanza, dalle pareti nude,
sbiancate di calcina al pari del soffitto, tenuto da travicelli sbilenchi; c'e
a destra una povera immagine di Maria, che riscalda un po' l'ambiente, e
nereggia, di rimpetto all'uscio, una grata, a grame fitte. Quel che più
m'impressiona è il silenzio. Un silenzio pesante e vasto, come di casa abbandonata;
ma in quel luogo diviene, vorrei dire, animato, perché prende lo spirito e lo
risucchia verso epoche perdute, quando queste colline erano coperte di boschi e
chiazzate di paludi, e sui poggi le croci vigilavano il lavoro di monaci
solitari, e il tempo girava così lento da parere immobile. Il crepitio della
pioggia contro i vetri della finestrella ritma quell'immobilità, e sveglia
pensieri insoliti. d'una vita, che, pur essendo nel tempo' s'è già fissata nell'eternità...
Al di là dalla doppia grata, s'aprono, come due ali
silenziose, due sportelli e dall'ombra emergono due figure bianche, che s’inchinano.
Le prime trappiste che io abbia mai vedute.
Quelle voci fioriscono da un silenzio, che il freddo e la
povertà fanno essenziale. Non un segno c’è che distragga 1o spirito: ci son solo
quelle anime, dietro la doppia barriera, che le separa non tanto dalle persone,
quanto da tutto il mondo, che, come un'orgia, fuori di qui, ci avviluppa.
Capisco meglio il perché della nudità della natura fuori e
della povertà dentro: l'una e l'altra aiutano a mantenere la Trappa nella sua essenzialità,
separata, quant'è possibile, dalle cose accessorie; sola, assoluta. Povertà,
innocenza, unione con Dio, mercè il distacco da tutto; immersione nel silenzio
come dentro lo stesso spirito di Dio; perché non ci sia che Dio. «Dio solo»: anelito
della mistica. Queste donne - queste sorelle - si son raccolte qui, sepolte nella pressoché universale dimenticanza, per
non vivere che alla presenza e della presenza di Dio. - Dio solo.
Lavorano, nella casa e nella vigna, cinta di mura,
guadagnando il pane (il pane e poco più) col sudore della fronte, anche se
figli di principesse… Altri è con Dio a pezzi e bocconi: qui si è con Dio
sempre, Dio solo: tutto il resto è ricondotto alla sua realtà di parvenza
breve.
Sono qui. Per amor di
Dio e della sua Chiesa, offerte all'amore e alla passione di Cristo, per
la gloria del suo nome e il beneficio delle anime da Lui riscattate. Non si
distraggono, né perdono tempo; e versano, ogni momento, nello scrigno comune
della Chiesa, lagrime e preghiere, veglie e digiuni, da cui sono beneficate creature
lontane che non sapranno, forse, mai, in terra, da chi furono rialzate. Onde,
le loro case sono come centri d'interminabile ricostruzione della sanità
spirituale di tutti; e le loro persone sono levate, come vittime d’espiazione, tra
la dimenticanza dei figli e la giustizia del Padre: incudini, come Caterina,
loro sorella, su cui la collera divina si frange. Quanti pregiudizi sul loro
conto! Ma no: esse non sono fuggite! Tutt'altro: si son ferma-te. Han preso
stanza in mezzo agli altri uomini, mettendosi di fazione, per levare, quando più
nere si fanno le ombre, la luce candida dell'amor di Dio: vergini savie che
aspettano, con lampade pronte, lo Sposo, per la festa di tutti.
Esse adunano anime attorno a un Tabernacolo. Anzi sono
Tabernacoli ardenti. come focolari che mai si spengono, in mezzo a famiglie
verginali, che mai si allontanano. Fucine della carità; concentrazione della preghiera.
E punti fermi.
Giordani tornò più
volte a visitare la Trappa. Una volta vi portò con sé Chiara Lubich. Quel giorno – era il lunedì di Pentecoste del 1950 – la
badessa annotò: «Ieri visita di Giordani con “sorella Chiara” e 2 “focolari”.
E’ un soffio di primavera spirituale».
Nessun commento:
Posta un commento