Foto: Roma dalle finestre della sala di sant'Eustachio |
Dicono
che il Grande Deserto ammali più della più bella fra le urì, le vergini musulmane. Fu
così che nell’estate del 1979 don Pietro Sigurani si innamorò delle dune roventi. Era giunto nelle vie polverose della dolce
Douz, cittadina a Sud della Tunisia detta anche "la porta del
deserto", perché da lì iniziano le dune del Sahara. Alle autorità di
polizia che gli chiedevano come si chiamasse la sua donna, essendo impensabile
per gli arabi che un uomo non abbia almeno una moglie, don Pietro dichiarò,
infine, che lui era parroco della parrocchia romana della natività. La cosa suonava bene e sul registro fu scritto:
Pietro Sigurani coniugato con Natività. Presero a chiamarlo l’Imam cattolico.
Da allora è tornato tante volte, portando gruppi di
italiani a fare “esperienza di deserto”, intessendo un profondo dialogo con i
musulmani del posto, aprendo case di
“presenza cristiana”, e creando posti di
lavoro per la gente di laggiù, come una fabbrica per la lavorazione dei
datteri, palmeti, ecc. Oggi è rettore della
chiesa di sant’Eustachio.
Questa sera ci siamo trovato a dialogare insieme sul deserto,
presentando il libro “I detti di apa Pafnunzio”. Don Pietro il deserto lo
conosce perché vi ha vissuto a lungo. Io lo conosco soltanto letterariamente,
attraverso i libri dei monaci del deserto; una conoscenza diversa ma non meno
vera di quella di don Pietro.
Perché
il deserto? Perché luogo della grande esperienza di Mosè e del suo popolo, di
Elia, del Battista, di Gesù. Il luogo che misura la distanza tra l’uomo e Dio;
il luogo che misura la vicinanza tra Dio e l’uomo. Si è svelato in tutta la sua
crudezza e bellezza, metafora di aneliti profondi che albergano in ogni persona.
Avrei
voluto che fosse stata presente Pierangela (che non conosco), che ha scritto: “Vivendo
a Torino sarò presente solo spiritualmente alla serata di deserto e spero di
leggere sul blog le parole che saranno dette e gustate. Auguro una serata
meravigliosa e sorprendente come sempre apa Pafnunzio ci regala ogni giorno”.
Avrei voluto che fosse stata presente Maria Adele che, sempre su questo blog,
ha scritto: “Concordo pienamente con Pierangela. Mia figlia scrive da Londra:
"...mi sto gustando apa Pafnunzio, penso proprio il periodo giusto per
leggerlo! :-)" Ma... a quando la traduzione in inglese?”
Ma
c’era un bel gruppo di persone, per una serata incantevole, mille miglia lontano
dalla solitudine del deserto, ma con la medesima presenza di quel Dio vicino.
Dopo questa provocazione…, come non ricordare che la mia conoscenza del deserto risale ai libri di Carlo Carretto, ai tempi in cui ero ragazzina? Ne era scaturito un tema sulla mia morte, immaginata in quel contesto. Un tema riuscito benissimo, avevo preso il massimo dei voti!
RispondiElimina“…Il luogo che misura la distanza tra l’uomo e Dio; il luogo che misura la vicinanza tra Dio e l’uomo”. Ci sarebbe forse da scoraggiarsi, se non ci fosse la guida di apa Pafnunzio...