Il nuovo numero della rivista “Unità e Carismi” ha
come titolo: “È dando che si riceve. Per un’antropologia della reciprocità”. Ho
intitolato l’editoriale: “Reciprocità, cifra del cristianesimo”; essa ne è
infatti lo specifico, la caratteristica. Iniziò così il mio breve contributo:
Se
tutte le religioni conoscono il primo comandamento dell’amore di Dio e il
secondo dell’amore del prossimo (la “regola d’oro”) è tipico del cristianesimo,
ed è “nuovo”, il comandamento dell’amore “reciproco”. Soltanto Gesù, venendo da
Dio, poteva rivelare che Dio è Amore non soltanto al di fuori di sé, verso la
creazione, ma dentro di sé, nella relazione della pluralità delle Persone.
Giovanni
lo riporta quattro volte nel suo Vangelo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni
gli altri» (13,34; 13,35; 15,12; 15,17); lo riprende poi per ben sei volte
nella sua prima e seconda lettera – «Questo è il messaggio che avete udito da
principio: che ci amiamo gli uni gli altri» (1 Gv 3,11; 3,23; 4;12; 2 Gv 1,5)
–, motivandolo, come nel Vangelo, con l’esempio dato da Dio che è Amore (1 Gv
4,7; 4,11).
Questo
comando appare già nel primo scritto ispirato del Nuovo Testamento, la prima
lettera ai Tessalonicesi, dove Paolo prende atto della realtà dell’amore
fraterno presente nella sua comunità; non c’è bisogno che egli scriva qualcosa
al riguardo, perché «voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli
altri» (4,9); per questo aveva innalzato la preghiera al Signore che «vi faccia
crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (3,12). Nella
seconda lettera ai Tessalonicesi si nota che l’amore reciproco tra i membri
della comunità va crescendo (1,3).
La
reciprocità appare così come la cifra del cristianesimo.
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