Il
neopremier francese Manuel Valls aspetta, paziente, che l’intraprendente moglie
del ministro dei trasporti dell’India, avvolta nel suo bel sari, scatti il
selfie con papa Francesco. La scena, teletrasmessa al termine della cerimonia
di canonizzazione dei due papi, non è nuova: il selfie di Francesco con i
teenagers ha fatto il giro del mondo. È un fenomeno dilagante, dal presidente Barack Obama con il primo ministro britannico David Cameron e la premier danese Helle Thorning Schmidt durante il
funerale di Nelson Mandela, fino ai cantati, agli attori, alle persone più
comuni, adolescenti e non solo.
Non è l’autoscatto di una volta, che
aveva lo scopo di ricordare un momento importante. L’immagine selfie non
è per sé ma per gli altri, ed è tale solo quando è condivisa sui social media. Non è proprio una novità.
Erano un po’ selfie anche gli autoritratti che Benozzo Gozzoli,
Michelangelo, Caravaggio lasciavano come firma sui loro affreschi, o quelli di
Leonardo da Vinci, Van Goog, De Chirico, Guttuso.
Cosa c’è dietro questo fenomeno? Desiderio
di immortalità, bisogno di affermazione, esibizionismo? Un po’ tutto questo. Soprattutto,
come ha scritto pochi mesi fa, sul
New York Times, l’attore americano James
Franco, il “re del selfie”, “è un modo per
attirare l’attenzione e, santo cielo!, quello che ognuno cerca è proprio
attenzione”. Mi sembra un segnale importante. Quante volte abbiamo
visto i bambini piangere senza motivo o fare gesti un po’ insulsi per il solo
intento di attirare l’attenzione. Hanno bisogno di essere toccati, di sentirsi
rivolgere la parola, ma anche di essere guardati. Non a caso che si usa
l’espressione: “Devo guardare il bambino”, “Guardami la bambina”, nel senso di
prendersi cura. Siamo un po’ tutti bambini, o semplicemente esseri umani. Il fenomeno
selfie ci ricorda che non si può vivere senza prendersi cura gli uni degli
altri.
La novità rispetto all’autoscatto è
anche la possibilità che il selfie offre per attuare un ulteriore
insopprimibile bisogno umano, quello di comunicare. Un fatto, un sentimento, un
momento della propria vita, non è compiuto fino a quando non è condiviso. Siamo
davanti a un semplice strumento, a doppio taglio come sempre, può portare a forme
morbose di dipendenza o contribuire a costruire la fraternità.
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