La "cartolina da casa mia" fotografa il centro della casa la cappella, che custodisce tre tesori
di famiglia, che gli Oblati si sono portati sempre dietro nel loro pellegrinare
da una casa all’altra: un altare, una statua, un cuore.
L’altare di legno è quello che si trovava nella cappella
interna della casa di Aix dove tutto è iniziato. Perché portarlo con sé? Non ha
alcun valore artistico, ma ha un gran valore affettivo. Sant’Eugenio e il suo
primo compagno, l’11 aprile 1816, vi passarono davanti l’intera notte, in
preghiera. Era il Giovedì santo. Vi avevano riposto la Santissima Eucaristia,
al termine della celebrazione liturgica. Non erano passati neppure tre mesi da
quando avevano iniziato ad abitare insieme dando inizio alla piccola comunità
di missionari. Fino ad allora non avevano pensato che sarebbero potuti
diventare dei religiosi. A loro bastava essere come gli apostoli e seguire Gesù
nell’annuncio del Vangelo. Ma presto sant’Eugenio si rese conto che per vivere
veramente come gli apostoli avrebbero dovuto fare il passo della consacrazione
di tutti sé stessi con i voti, con l’oblazione. Ne parlò all’amico che rimase
entusiasta della proposta e in quella notte di preghiera, in ginocchio davanti
all’altare, «facemmo i nostri voti – racconta lui stesso – in una indicibile
gioia». Entrando nella casa di Roma, nella cappellina a destra, troverete
“l’altare dei voti”.
La statua è quella dell’Immacolata che sant’Eugenio comprò
per la sua chiesa di Aix e che benedisse il 15 agosto 1822. Una statua di legno
completamente dorata, nel più puro stile provenzale. Questa sì che è preziosa.
Ma per gli Oblati lo è per un episodio dal quale prende il nome di “Madonna del
sorriso”.
Quel giorno, festa dell’Assunta, sant’Eugenio parlò di lei
con tutta l’effusione del cuore. A sera la gente uscì in processione, mentre
egli rimase in chiesa, davanti all’immagine. Più tardi scrissi all’amico
Tempier, per comunicargli quello che era avvenuto: «Da molto tempo non provavo
tanta gioia nel parlare delle sue grandezze, nell’invogliare i cristiani a
riporre in lei ogni fiducia… Questa sera mi sono accorto che tutti i fedeli che
frequentavano la nostra Chiesa condividevano il fervore che ci ispirava
l’immagine della santa Vergine…». Gli sembrò «di vedere, di toccare con mano»
che la piccola famiglia di missionari a cui aveva dato vita da sei anni, «racchiudeva
il seme di grandissime virtù, e che potrebbe operare un bene infinito; la
trovavo buona, in lei mi piaceva tutto, amavo le sue Regole, i suoi Statuti; il
suo ministero mi sembrava sublime, come è effettivamente». Ma vide anche la propria
personale piccolezza e miseria, le prove e le difficoltà che la sua comunità
avrebbe dovuto attraversare… Fu allora che la bella statua rivolse gli occhi
verso di lui e gli sorridesse. Quel giorno Eugenio sperimentò lo sguardo
materno di Maria, pieno di tenerezza, e si sentì infondere una forza nuova. Da
quel giorno padre Eugenio seppe con certezza che la sua opera veniva da Dio ed
era a Lui gradita. Quella statua è oggi sull’altare della nostra cappella.
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