Nacque il 25 gennaio, il giorno
della vita. Ma sembrava morto. Non pianse come piangono tutti i bambini quando
vengono alla luce. Rimase immobile, senza movimento alcuno. Solo la mamma tenne
viva la speranza e pregò Dio che se avesse dato vita al suo bambino lo avrebbe
lasciato seguire appieno il progetto che Egli aveva su di lui. Lo portarono in
ospedale, inutilmente. Fino a quando scoppiò in pianto improvviso. La vita era
tornata.
Papà, mamma, lui e poi la sorellina.
Una famiglia piccola e semplice, felice. A otto anni la guerra. Devono lasciare
la casa. Inizia la vita da profughi e per dieci anni vivono in un campo per
rifugiati, nelle vicinanze del santuario della Madonna, nascosto nella giungla.
Stenti, sofferenze, ma accanto alla Madonna. E lì Anton vede l’ordinazione
sacerdotale di un giovane Oblato. Ne rimane incantato e quando, a 18 anni, la
famiglia può finalmente tornare a casa, la lascia perché anche lui vuole
diventare Oblato. È il primogenito, l’unico maschio, la speranza per la
rinascita della piccola famiglia, ma l’hanno promesso al Signore.
Dopo i primi studi Anton è venuto a
Roma, dove studia ormai da tre anni: un’altra avventura, una cultura così
diversa dalla sua, un’altra lingua… Ma occorre dire di sì alla chiamata.
Il 1° maggio farà la sua oblazione
perpetua.
Anche dal blog ,che ci permette di partecipare alla gioia incontenibile di Anton ,giungano gli auguri e la promessa di preghiere per il cammino che inizia al servizio del Signore che lo vuole vivo e fecondo.Pierangela
RispondiEliminaChe belle storie! Degne di un Dio onnipotente.
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