Erano ormai vicini i giorni della Pasqua. Apa Pafnunzio aveva
costantemente davanti agli occhi il Cristo Crocifisso. Lo contemplava. Questa
parola, contemplazione – in greco theoria
–, così cara alla filosofia greca, egli l’aveva incontrata una
sola volta nel Nuovo Testamento, nel Vangelo di Luca: «Tutte le folle che erano
accorse a questo spettacolo –
theoria – (e si riferiva alla
crocifissione del Signore), ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi
il petto». Contemplazione non era dunque un’evasione dalla storia, ma la capacità
di guardare fisso il Cristo Crocifisso e poi di riconoscerlo proprio nella
storia d’ogni persona e del mondo intero. Fu così che la contemplazione divenne
preghiera:
Quand’è che hai salvato il mondo?
Quando pronunciavi parole di sapienza e di vita sul monte delle beatitudini o
nel tempio di Gerusalemme? Quando operavi i miracoli? Quando la gente ti
seguiva e ti osannava? O non adesso, quando non hai più parole da dire. Tutti
invocano, pretendono una tua parola e tu taci. Sai soltanto gridare la tua
solitudine? Adesso, le mani inchiodate, non puoi può operare miracoli: li hai
fatti per gli altri, non puoi farli per te stesso? E il maligno, che ora è
tornato, continua a ripetere la tentazione che già aveva fatto udire nel
deserto: cambia i sassi in pani, scendi dalla croce e ti crederemo. No, non è
questa la via della salvezza. Ora le folle non ti seguono, non ti osannato, ti
hanno piuttosto consegnato in mano degli stranieri ed hanno gridato il crucifige… Anche il Padre sembra essersi
messo dalla parte loro. Sei perduto, deluso, insicuro, tutto duole nelle tue
membra e nell’anima, disfatto e sfigurato nel corpo e nello spirito: un povero
cristo in croce come i tanti cristi della terra. Non sei più nessuno.
Ora, ora soltanto operi l’opera
grande che il Padre ti ha dato di compiere. Lì sulla croce, in quel tuo grido,
diventi il nostro Dio e Salvatore. Non a caso l’emblema cristiano è il
Crocifisso. Con l’apostolo Paolo “non conosciamo che Cristo e Cristo crocifisso”.
Noi non diremo “Se sei il Cristo scendi dalla croce e ti crederemo”. Per noi
sei il Cristo proprio perché ti sei lasciato inchiodare sulla croce e proprio
guadandoti sospeso tra cielo e terra, noi crediamo: crediamo nel tuo amore, il
più grande, quello che dà la vita per
gli amici, per noi che ti siamo nemici, fatto amici proprio da questo tuo folle
amore.
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