“Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini”. Quante volte ho salutato padre Valentino con
queste parole della poesia del Pascoli! E lui stava sempre al gioco. Tutti e due contenti della nostra bella parlata toscana. Se ne è
andato oggi, in silenzio, come nel suo stile.
Il giorno che padre Novo è morto
sono andato a trovarlo in ospedale e mi ha detto: “Appena ho saputo che padre Novo è morto, mi
è andata via la paura della morte che sempre ho avuto: non ho più paura di
morire” (era lui l’Apa Pafnunzio di cui avevo scritto nel blog del 31
luglio). Adesso è andato a trovare padre Novo in paradiso, senza più paura.
Dal giorno della morte di padre Novo
sono andato quasi ogni giorno a celebrare la messa nella sua stanza d’ospedale.
Lui, che era molto ligio al diritto canonico e alle norme liturgiche, in altre
circostanze non avrebbe forse approvato una messa in stanza, ma ormai… “E così
anche oggi abbiamo celebrato la messa clandestina”, diceva ridendo, “come nei
campi di concentramento…”. Dal suo letto concelebrava con la stola posata sul
lenzuolo.
Dopo la messa ogni volta mi raccontava
qualcosa di sé e del suo passato, del papà del quale in questi giorni ricorreva
la morte, della sua vocazione, dell’incontro con Graziella De Luca… Aveva 10
anni quando, dopo essersi intrattenuto a lungo in preghiera dietro l’altare
della sua chiesa, capì che la sua vita avrebbe avuto senso soltanto se vissuta interamente
nel soprannaturale. Fu l’inizio della sua vocazione: sarebbe stato sacerdote,
ma d’un sacerdozio universale, come gli apostoli, inviati nel mondo intero:
domenicano! “Eppure - mi racconta un altro giorno – una volta arrivato a Roma, non
me ne sono mai più lontano; dov’era quel monto intero che avevo intravisto? Il
mondo intero è arrivato da me; attraverso l’insegnamento ho formato migliaia di
giovani provenienti del mondo intero, che sono poi tornati nel mondo intero a
portare il Vangelo…”
Mi rimprovera di non conoscere bene
san Domenico e mi invitava a studiarlo, perché è un gigante nella Chiesa. Ma
ogni giorno, alla fine della messa, esprime la gioia dei due nostri carismi (o
tre, quando veniva anche una suora ugualmente ricoverata) uniti nella
celebrazione eucaristica.
Nella festa di san Domenico, il 26 agosto, era particolarmente contento di poter celebrare la messa. Anzi, il giorno prima, essendo andato nel pomeriggio, aveva voluto che anticipassi la festa seguendo il formulario del santo. Quel giorno mi domanda: “Quando è morto il tuo fondatore?” E fa subito i calcoli di quanti anni lo separano da Domenico: “Così tanti secoli ed eccoli qui insieme, uniti”. Ma questo appunto è un ritornello quotidiano: l’unità dei carismi, l’unità di tutte le vocazione nella Chiesa, semplicemente l’unità.
Nella festa di san Domenico, il 26 agosto, era particolarmente contento di poter celebrare la messa. Anzi, il giorno prima, essendo andato nel pomeriggio, aveva voluto che anticipassi la festa seguendo il formulario del santo. Quel giorno mi domanda: “Quando è morto il tuo fondatore?” E fa subito i calcoli di quanti anni lo separano da Domenico: “Così tanti secoli ed eccoli qui insieme, uniti”. Ma questo appunto è un ritornello quotidiano: l’unità dei carismi, l’unità di tutte le vocazione nella Chiesa, semplicemente l’unità.
È poi il momento del ricordo della sua
parola di vita – “Ti basta la mia grazia” –, così cruda, eppure addolcita dalla
frase che aveva scritto sull’immaginetta della sua prima messa (come gli aveva fatto notare don Foresi); del Buon ladrone
che non ha rubato il paradiso, come dice sant’Agostino, ma che se l’è
guadagnato, come dice Graziella, con la sua fede e il suo abbandono nelle mani
di Gesù… E intanto mi fa telefonare a Graziella per salutarla insieme…
Il 15 agosto, festa dell’Assunta, ridendo
ricorda di quante transenne aveva scavalcato in Piazza san Pietro – "Allora ero giovane" – per essere in prima fila per la proclamazione del dogma.
L’ultima messa insieme è il 22
agosto, festa di Maria Regina. Ricordiamo le origini della nostra comunione tra
carismi avvenuta proprio quel giorno del 1954, e rinnoviamo la nostra
consacrazione a Maria perché usi le nostre vite per i suoi disegni…
Leggendo quanto hai scritto su questo 'fratello' domenicano, mi è passato nella mente questo pensiero: Io non lo conoscevo, non sapevo neanche della sua esistenza in questo mondo. Eppure la 'sua fedeltà' al fondatore e all'Ideale hanno contribuito, per la comunione dei Santi, anche a fortificare la mia vacillante fede.
RispondiEliminaBuona giornata e buona settimana.
Francesco.
P. Valentino e P.Novo che ho conosciuto, hanno scritto una pagina, la prima dell'oggi globalizzato, di una chiesa-comunione che comincia dall'unità dei carismi. Mi ha sempre colpito quel suo essere disponibile per tutte le manifestazioni dove si celebrava o si viveva semplicemente l'unità. Come per il Genfest del 75 quando venne in mezzo a noi, giovani del Centro Giovanile a Marino laziale per dirci quelle regolette semplici del saper essere, servire, consigliare, che ci potevano aiutare nel compito di supporto alla logistica del Movimento dei Focolari e delle migliaia di giovani in arrivo a Roma per quell'evento. Eppure non c'era forma più azzeccata per lui che quella del domenicano. Studioso prima di essere cristiano? No, semplicemente consacrato, come oggi lo sarebbe S. Domenico, innamorato della vita di comunione che circola nelle vene del corpo mistico e che senza troppi schematismi riporta alla vita dei primi cristiani. E che bello vederlo tra noi esprimere la sapienza che avremmo dovuto trasmettere agli altri! 'Non vergognatevi di essere cristiani semplici' è stato il suo ultimo messaggio per me, per la mia famiglia e per tanti altri. Un messaggio che ci ha rilanciato più forti di prima nell'avventura dello Spirito. Grazie Vale. Pino
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