Letteratura
e film amano soffermarsi sul dramma psicologico vissuto da Giuseppe una volta
scoperto che la sposa è in attesa di un figlio che non è suo. Il Vangelo è
sobrio ed essenziale, senza indulgere sui sentimenti: «Giuseppe
suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò
di ripudiarla in segreto» (1, 19).
Vorremmo
entrare nel suo cuore, conoscere i motivi per cui decise di lasciarla senza
dare scandalo piuttosto che portarla in processo. Forse si era accorto di
trovarsi davanti a una realtà più grande di lui, dalla quale voleva ritrarsi in
silenzio, lasciando libera la donna e il suo bambino avvolti nel mistero. Agendo
così si comporta da uomo “giusto”, non va contro la legge? È giusto perché si
rimette alla volontà di Dio, ben al di là della sua comprensione. Che sia Dio a
decidere, perché lui sa. E Dio interviene.
Quando
parliamo dell’annunziazione il pensiero va subito a Maria, secondo il racconto
di Luca, e quale artista non si è lasciato ispirare dall’annunciazione. Per
Matteo l’annunciazione è rivolta a Giuseppe. È lui il responsabile della nuova
famiglia che sta nascendo. Maria rimane nell’ombra. L’angelo appare a lui, in
sogno, segno dell’irruzione del divino nella sua vita: «Giuseppe, figlio di
Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa». Dunque Giuseppe è nel
timore. Di cosa ha paura? Di essere stato tradito, di vedere Maria lapidata? O
non si tratta forse del “timore di Dio”, quello che nasce davanti all’opera di
Dio, incomprensibile perché al di là delle nostre categorie mentali? I suoi
pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie.
Giuseppe sa che è davanti a qualcosa che lo supera infinitamente, a un mistero
di cui Dio soltanto conosce la portata e il valore.
L’angelo
ora glielo rivela: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo».
Ecco il mistero davanti al quale Giuseppe si arrende. Gli occorrerà forse tutta
la vita per comprenderlo, per adesso sa solo che Dio è all’opera e questo gli
basta, si fida. «Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli
infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (1, 20-21). Se in Luca l’angelo
indica a Maria il nome del figlio nascituro, in Matteo è compito di Giuseppe,
in quanto padre, dare il nome al figlio e con esso la sua identità sociale.
All’uomo giusto, conoscitore della Legge, l’angelo mostra la
“ragionevolezza” del mistero che sta accadendo sotto i suoi occhi: si stanno
compiendo le Scritture, la parola del profeta Isaia: «Ecco, la vergine
concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele,
che significa Dio con
noi» (1, 22-23). Al di là del significato che queste parole potevano avere quando
furono pronunciate secoli prima, adesso si adempiano in pienezza, in una maniera
forse mai immaginata: il figlio di Maria nasce davvero da una madre vergine.
Giuseppe si trova davanti a una realtà che lo sorpassa
infinitamente. Ha bisogno di un angelo che gli dica: “Non temere”. Anche a
Maria l’angelo dirà la stessa cosa, perché anche lei si troverà davanti allo
stesso ineffabile mistero.
“Non
temere”. La prima volta Dio lo dice ad Abramo (Gn 15, 1). Lo ripete a
Mosé e al suo popolo: “Non temere e non ti abbattere” (Dt 1, 21). “Non
temere e non spaventarti”, dirà più volte a Giosuè (Gs 1, 9), a Salomone
(1 Cr 22, 13), ad Acaz (Is 7, 4), al “vermiciattolo di Israele” (Is
41, 12), lo ridice al popolo per bocca di Geremia (30, 10), a Daniele (10, 12),
a Gerusalemme per bocca di Sofonia (3, 16), a Zaccaria (Lc 1, 13). Gesù
lo dirà a Simone (Lc 5, 36), a Giairo (Lc 8, 50), al “piccolo
gregge” dei suoi apostoli (Lc 12, 32), a Paolo (At 7, 24), al
veggente dell’Apocalisse (Ap 1, 17). Non temere! Un messaggio pieno di
speranza che Dio rivolge a Giuseppe come ad ogni uomo, al suo popolo e all’umanità
intera. Ci conosce bene questo Dio che ci ha fatti, conosce le nostre
fragilità, le nostre paure, le nostre debolezze. Non temere! Lo ripete una
ottantina di volte nella Bibbia, colorandolo con “non ti perdere d’animo”, “sii
forte e coraggioso”, “non ti abbattere”, “sta tranquillo”, “non lasciarti
cadere”.
Giuseppe è tutti noi ogni volta che ci troviamo in una situazione inattesa, che supera le nostre forze. Sono tanti gli eventi più grandi di noi che capitano a noi o attorno a noi, davanti ai quali non sappiamo cosa fare, ci sentiamo persi. Anche a noi l’assicurazione da parte di un angelo: “Non temere!”. Non temere perché la storia, quella piccola e quella grande, l’ha in mano Dio, siamo in mani sicure. Può accadere in tutto, ma non siamo in balia degli eventi, non siamo mai soli ad affrontare le prove, a rispondere alle richieste di Dio, anche quando ci sembrano troppo grandi e noi ci sentiamo troppo piccoli: siamo nelle sue mani, le risolve lui le cose, ci pensa lui a fare tutto.
«Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli
aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (1, 24).
L’uomo giusto è l’uomo obbediente, che si fida di Dio anche quando tutto sembra
assurdo. Giuseppe crede e fa.
La
sua è un’azione decisa e concreta: “Prese con sé”. Maria entra a far parte
nella sua vita, va ad abitare nella sua casa, e con lei il bambino. Il mistero
rimarrà comunque: «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce
un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (1, 25). Lungo tutta questa pagina evangelica
si afferma e si riafferma che il bambino che nasce non è figlio di Giuseppe ma
realmente figlio di Dio, nato per opera dello Spirito Santo. Anche il rapporto
tra Giuseppe e Maria, che contraggono un vero matrimonio, che sono realmente
marito e moglie e di amano come tali, è del tutto particolare: Giuseppe
rispetta la verginità di Maria, come da sempre ci ha insegnato la Tradizione.
“Sempre vergine” la definisce il Concilio di Costantinopoli nel 553. Ella
rimane per sempre la Vergine per eccellenza, sposa dello Spirito Santo.
Giuseppe
rimane accanto alla moglie e al figlio che non è suo e che pure lo diventa
giorno dopo giorno. “Non è costui il figlio del falegname?”, diranno con
naturalezza gli abitanti di Nazaret che hanno sempre visto Giuseppe e Gesù
l’uno accanto all’altro (13, 55). Un bambino come tutti gli altri, che imparerà
il mestiere del padre e lo accompagnerà al lavoro, un bambino a cui Giuseppe ha
dato un nome comune a quel tempo: Gesù. Ma è un nome unico, perché quel bambino
è unico e il suo come è veramente quello che esso significa: Dio salva, «egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»
(1, 21). Gesù è l’Emmanuele,
la presenza di “Dio tra noi”.
Anche
noi, come Giuseppe, siamo chiamati a credere che Gesù viene dal cielo. Anche
noi siamo chiamati ad accogliere Gesù come il “Dio tra noi” e a compiere in
piena docilità il suo volere, anche se a volte può sembrare assurdo, o
incomprensibile, o al di sopra delle nostre capacità. Facendo “come ci viene
ordinato”, con la semplicità e la fede di Giuseppe, vedremo come lui, compiersi
attorno a noi il miracolo di Dio che si rende presente e attualizza il suo
progetto.
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