Alla vigilia dell’ordinazione
sacerdotale, p. Giovanni Santolini lascia il seminario di Genova per entrare
nella famiglia dei Missionari Oblati. Questi non hanno fretta di ordinarlo.
Dovrà continuare la preparazione per ben cinque ulteriori anni.
«Valeva la pena – scrive ai
familiari – aspettare cinque anni prima di diventare prete, perché adesso il
mio sacerdozio cambia completamente: io non ho scelto il sacerdozio, ho scelto
Gesù. E così cambia anche la mia missione: può darsi che io alla fine di quest’anno
parta per le missioni, ma il mio andare sarà un continuare a seguire Gesù, non
un mio pallino o desiderio. Tutto prende allora un colore totalmente diverso.
Tutto è bellissimo perché Dio che è Amore a poco a poco mi rende come Lui».
Potremmo fermarci qui,
perché in queste poche righe c’è già tanto dell’idea di missione che si è
venuta formando nel primo periodo nel quale ha vissuto con gli Oblati a Marino
e a Frascati.
Al centro c’è Gesù. La missione è continuare a seguire Gesù, fino ad essere trasformato in Gesù, fino a diventare amore come Dio è Amore. Gesù è l’inviato, il missionario del Padre. Giovanni sarà missionario – compirà la missione di Gesù – nella misura in cui sarà Gesù. Sembra una formula matematica. L’idea folkloristica ed epica delle “missioni” lascia il posto alla autentica “missione”: continuare l’opera di Gesù essendo un altro Gesù.
Alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale – siamo nel 1982 – Giovanni, 29 anni, scrive al Papa: «Prima di compiere questo passo, vorrei rinnovare con Lei la mia fedeltà alla Chiesa. (…) Ho già offerto, con l’Oblazione perpetua, e voglio continuare ad offrire la mia vita al Padre Celeste perché si realizzi il Comandamento dell’Amore scambievole tra tutti gli uomini. Voglio servire solo Dio e i fratelli in Lui e per Lui».
Appare qui un altro aspetto ancora
della missione, in continuità con quando scritto ai familiari. A loro diceva: “Dio
che è Amore a poco a poco mi rende come Lui”. Adesso, al Papa, dice che la sua
missione sarà “offrire la vita perché si realizzi il Comandamento dell’Amore
scambievole tra tutti gli uomini”.
La missione è portare in terra l’amore di Dio, insegnare a vivere la reciprocità dell’amore secondo il “comandamento nuovo”, secondo il modello della comunione delle Tre divine Persone. La missione è la creazione della famiglia dei figli di Dio, di un mondo nuovo.
In questa lettera al Papa il
richiamo all’oblazione non è casuale. Per p. Giovanni l’idea di oblazione e di
missione sono strettamente legate, come scrive ancora al superiore generale per
chiedergli di essere inviato in missione all’estero: «Voglio aprire a Lei il
mio cuore per farle contemplare quello che Dio ha costruito in me durante
questi anni. Sono giunto tra gli Oblati quando ero prossimo alla consacrazione
sacerdotale, animato dal desiderio di partire per le Missioni canadesi. Dopo
una accurata analisi mi sono accorto che le motivazioni di questa scelta erano
fondate sul desiderio di consacrarmi totalmente a Dio per essere santo. Questo
anelito verso la perfezione ha trovato la sua giusta collocazione nella vita
religiosa: con i voti e con l’Oblazione perpetua ho percepito di realizzare il
disegno di Dio su di me».
L’idea di missione si salda ormai
con quella della santità.
Il cammino formativo ha dato
un’impronta particolare alla sua vocazione missionaria: «Nella mia
consacrazione religiosa e missionaria ciò che mi costituisce Oblato è l’adesione
alla chiamata di Gesù e lo sforzo di conformarmi alla sua missione di
Evangelizzatore dei poveri, per cui la mia visione missionaria sul mondo e
sulla Chiesa è passata da una dimensione esterna ad una visione molto più
interiorizzata: è l’appello e l’invio del Signore ed il mio conformarmi ad esso
che mi costituisce evangelizzatore».
Proprio negli anni di formazione, giunge a elaborare in maniera oggettiva questo suo programma missionario nel volume Evangelizzazione e missione. Teologia e prassi missionaria in Eugenio de Mazenod, pubblicato nel 1984. Vi leggiamo: «L’evangelizzazione è un’esperienza con il Cristo, il primo evangelizzatore. I missionari cooperano con Lui, annunciano come Lui la Buona Novella e come Lui vogliono donare la loro vita per la redenzione del genere umano. Da qui nasce l’evangelizzazione globale, perché la persona viene coinvolta nella sequela di Cristo dalla quale scaturisce un impegno di santità. Non si può essere apostoli, infatti, se non si vuole seriamente ripercorrere le piste tracciate da Cristo e dagli Apostoli; non si ha vera missione senza uno sforzo di integrazione totale alla missione di Cristo».
In questo suo studio appare
infine un ulteriore aspetto della missione, quello della comunità, maturato dall’esperienza
vissuta negli anni della formazione con gli Oblati: «Un elemento fondamentale,
non solamente come modalità di azione, ma come specifica vocazione oblata, è la
comunità evangelizzatrice. L’evangelizzazione comporta molteplici aspetti che
trovano la loro unita nell’unico corpo apostolico che forma la Congregazione;
unità vissuta all’interno della comunità che diventa luogo di comunione e di
missione: “Da questo tutti riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete
amore gli uni verso gli altri” (Gv 13,35)».
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