“Resurrezione e missione”. È il tema degli
esercizi spirituali che ho guidato nella casa dei Passionisti al Celio. Per
tutta la settimana abbiamo letto assieme i Vangeli della resurrezione. Ogni
incontro del Risorto con i suoi discepoli genera un rapporto nuovo, che si
esprime in un abbraccio stretto che non si vorrebbe più sciogliere, in una
preghiera che indica il desiderio di non lasciarlo più: “Resta con noi,
Signore”. Nello stesso tempo Gesù si sottrae, sparisce dalla vista perché il
discepolo, ormai legato indissolubilmente al suo Signore, deve andare a
condividere l’esperienza vissuta: “Va dai miei fratelli…”. L’esperienza del
risorto si converte in missione. Un altro aspetto che viene in rilievo in ogni
racconto di resurrezione è il richiamo alla passione e morte: “Non doveva il
Cristo patire…?”. Non c’è risurrezione se non c’è morte. Non c’è morte senza
resurrezione. Il mistero pasquale è unico e indivisibile: mistero di morte e di
vita.
Gli esercizi sono terminati il giorno della
Trasfigurazione. Non poteva esserci evento più adatto per sintetizzare la
settimana di meditazione sui Vangeli della Resurrezione. Il Vangelo della
liturgia inizia con: “In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e
Giacomo e salì sul monte…”. Troppo vago nel “In quel tempo”. Il Vangelo di Luca
è più preciso: “Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé…”.
Molto più preciso ancora Matteo: “Sei giorni dopo…”. Cosa aveva detto sei o
otto giorni prima Gesù? E perché i Vangeli tengono a legare la Trasfigurazione
con quanto egli aveva detto precedentemente? Perché la settimana prima Gesù
aveva dato il primo annuncio della sua passione e morte e questo aveva
sconvolto di discepoli, al punto che Pietro lo rimprovera. Per la verità Gesù
aveva annunciato anche la sua resurrezione, ma questa non rientrava per niente
nel mondo dei discepoli, che si arrestano stravolti davanti al fatto che Gesù
dovrà soffrire molto e essere ucciso: “Questo non ti accadrà mai!”.
Allora Gesù, prima della passione e morte,
vuole mostrare come sarà il dopo passione e morte, la luce che si sprigionerà
con la resurrezione. Porta i tre in casa di Giairo perché vedano una
resurrezione da morte e ora li porta sul Tabor perché vedano la gloria della
sua resurrezione: il dialogo con Mosè e Elia verte sul suo “esodo” che si
sarebbe compiuto in Gerusalemme. Saranno anche i tre che Gesù vuole testimoni
della sua angoscia e paura davanti alla morte. Passione, morte e resurrezione
sono legati inscindibilmente tra di loro. Per affrontare il buio occorre aver
sperimentato la luce ed ogni notte apre all’alba della resurrezione, per un
giorno che non ha fine.
La liturgia della Trasfigurazione fa
terminare la lettura del Vangelo col cessare della voce del Padre. Ma il
Vangelo continua con un’annotazione ancora una volta temporale precisa: “Il
giorno seguente…”. La trasfigurazione è strettamente legata a quello che segue
il giorno dopo: l’incontro drammatico con una povera umanità che domanda di
essere liberata dal male. Pietro avrebbe voluto rimanere sul Tabor, avvolto
della luce del Signore che è già il Risorto, come Maria Maddalena non vorrebbe
più sciogliere l’abbraccio con cui si vincola al Maestro, e i discepoli di
Emmaus vorrebbero che il Signore rimanesse con loro. No, occorre andare. Non si
può non condividere ciò che si è sperimentato e non si può annunciare se non si
è sperimentato. Resurrezione e mistero sono intrinsecamente legati tra di loro.
Col racconto della Trasfigurazione si sono
conclusi i miei esercizi.
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