lunedì 8 agosto 2022

Resurrezione e missione

 


“Resurrezione e missione”. È il tema degli esercizi spirituali che ho guidato nella casa dei Passionisti al Celio. Per tutta la settimana abbiamo letto assieme i Vangeli della resurrezione. Ogni incontro del Risorto con i suoi discepoli genera un rapporto nuovo, che si esprime in un abbraccio stretto che non si vorrebbe più sciogliere, in una preghiera che indica il desiderio di non lasciarlo più: “Resta con noi, Signore”. Nello stesso tempo Gesù si sottrae, sparisce dalla vista perché il discepolo, ormai legato indissolubilmente al suo Signore, deve andare a condividere l’esperienza vissuta: “Va dai miei fratelli…”. L’esperienza del risorto si converte in missione. Un altro aspetto che viene in rilievo in ogni racconto di resurrezione è il richiamo alla passione e morte: “Non doveva il Cristo patire…?”. Non c’è risurrezione se non c’è morte. Non c’è morte senza resurrezione. Il mistero pasquale è unico e indivisibile: mistero di morte e di vita.

Gli esercizi sono terminati il giorno della Trasfigurazione. Non poteva esserci evento più adatto per sintetizzare la settimana di meditazione sui Vangeli della Resurrezione. Il Vangelo della liturgia inizia con: “In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte…”. Troppo vago nel “In quel tempo”. Il Vangelo di Luca è più preciso: “Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé…”. Molto più preciso ancora Matteo: “Sei giorni dopo…”. Cosa aveva detto sei o otto giorni prima Gesù? E perché i Vangeli tengono a legare la Trasfigurazione con quanto egli aveva detto precedentemente? Perché la settimana prima Gesù aveva dato il primo annuncio della sua passione e morte e questo aveva sconvolto di discepoli, al punto che Pietro lo rimprovera. Per la verità Gesù aveva annunciato anche la sua resurrezione, ma questa non rientrava per niente nel mondo dei discepoli, che si arrestano stravolti davanti al fatto che Gesù dovrà soffrire molto e essere ucciso: “Questo non ti accadrà mai!”.

Allora Gesù, prima della passione e morte, vuole mostrare come sarà il dopo passione e morte, la luce che si sprigionerà con la resurrezione. Porta i tre in casa di Giairo perché vedano una resurrezione da morte e ora li porta sul Tabor perché vedano la gloria della sua resurrezione: il dialogo con Mosè e Elia verte sul suo “esodo” che si sarebbe compiuto in Gerusalemme. Saranno anche i tre che Gesù vuole testimoni della sua angoscia e paura davanti alla morte. Passione, morte e resurrezione sono legati inscindibilmente tra di loro. Per affrontare il buio occorre aver sperimentato la luce ed ogni notte apre all’alba della resurrezione, per un giorno che non ha fine.

La liturgia della Trasfigurazione fa terminare la lettura del Vangelo col cessare della voce del Padre. Ma il Vangelo continua con un’annotazione ancora una volta temporale precisa: “Il giorno seguente…”. La trasfigurazione è strettamente legata a quello che segue il giorno dopo: l’incontro drammatico con una povera umanità che domanda di essere liberata dal male. Pietro avrebbe voluto rimanere sul Tabor, avvolto della luce del Signore che è già il Risorto, come Maria Maddalena non vorrebbe più sciogliere l’abbraccio con cui si vincola al Maestro, e i discepoli di Emmaus vorrebbero che il Signore rimanesse con loro. No, occorre andare. Non si può non condividere ciò che si è sperimentato e non si può annunciare se non si è sperimentato. Resurrezione e mistero sono intrinsecamente legati tra di loro.

Col racconto della Trasfigurazione si sono conclusi i miei esercizi.

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