Passa in un soffio e non ne resta più niente: effimero,
letteralmente epì emera, per un giorno. O anche meno, come quando a sera
compri una rosa per strada dall’ambulante petulante: basta un’ora ed è già
appassita. Niente di grave, sono soltanto due euro buttati. Ma quanti
investimenti ben più ingenti si mostrano effimeri: rapporti costruiti su scelte
sbagliate, inseguimento di una carriera che sacrifica la vita familiare,
bramosia di beni che lasciano solo una manciata di foglie secche.
Spesso la verità la fanno gli eventi esterni: un’inondazione, un terremoto,
un bombardamento, i ladri… in un istante privano di cose che pensavamo eterne e
che ora appaiono per quello che sono: inconsistenti, effimere, d’un momento.
Sembra di udire l’eco della voce di Gesù: “Stolto, questa notte stessa ti sarà
richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?” (Luca
12, 20). È sapiente chi sa “distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile…” – leggiamo nel libro
di Geremia (15, 19) – e investe la sua vita su ciò che solo resta.
Per il “sapiente” allora anche l’effimero può caricarsi di
significato. Se invece di comprare la rosa per togliermi di torno l’immigrato
che la offre, lo guardo negli occhi, ne percepisco il disagio, e gli offro i
due euro con un sorriso di gratitudine, la rosa appassisce ugualmente, ma quel
gesto di comprensione solidale rimane. E se la sorte gli rapisce i beni
accumulati – rivelandoli per quello che sono, effimeri – il sapiente avverte
l’invito a liberare il cuore e a puntalo su ciò che solo vale e rimane. Resta
l’amore, quello che insapora in ogni rapporto, che rimane anche al di là della
morte della persona amata; quello che presiede la creazione di ogni opera, che
rimane anche al di là della sua distruzione. L’amore rende tutto prezioso,
redime dalla contingenza – “per un giorno” – e fissa per l’eternità.
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