Al di là della sua interpretazione, l’evento del 22
agosto 1822, a duecento anni di distanza, ci interpella ancora: qual è il
rapporto di noi Oblati con Maria Immacolata? La ricca bibliografia riportata da
Paolo Archiati in “Oblatio” 2022/1 testimonia che gli Oblati hanno vissuto,
riflettuto e scritto molto sulla dimensione mariana della loro vocazione e
della loro missione. Personalmente ricordo un momento di esitazione durante il “Congresso
sul Carisma del Fondatore oggi” tenutosi a Roma nel 1976. Si trattava di
elencare i principali aspetti caratterizzanti il carisma oblato, quelli che poi
vennero assunti nella stesura del primo capitolo della Regola del 1982. Maria,
ci si domandava, è uno di questi punti fondamentali? Gli altri punti: Cristo, l’evangelizzazione,
i poveri, la vita religiosa, la comunità, la Chiesa…, erano evidenti. Ma Maria?
Certamente ella è presente nella nostra vita, ma come lo è nella vita di ogni
cristiano; non siamo una congregazione “mariana” come lo sono ad esempio i
Maristi. La discussione si protrasse a lungo e infine fu deciso di non mettere “Maria”
tra i punti fondamentali del carisma oblato. Nella sala di riunione si iniziò
quindi a scrivere, sulla lavagna, la definizione del carisma: “Il carisma è…”.
Si alzò p. Marcello Zago e disse: “Dovremmo essere più precisi e scrivere: Il
carisma dei Missionari Oblati di Maria Immacolata è…”. Tutti furono d’accordo.
Allora p. Zago continuò: “Così, almeno nel titolo, Maria è presente!”. Fu per
tutti come uno shock: abbiamo Maria nel nostro stesso nome e non fa parte della
nostra più profonda identità carismatica? È così che oggi abbiamo la C 10
dedicata a lei, presenza essenziale del carisma oblato.
Il posto di Maria nella nostra Congregazione ce lo
insegna la storia stessa. In un primo momento, sant’Eugenio e i suoi compagni
erano conosciuti semplicemente come “Missionari di Provenza”. Fu solo per
convenienza che, chiedendo l’approvazione pontificia, optarono per “Oblati di
San Carlo”; nessuno ne era convinto. Eugenio ebbe l’ispirazione per il nuovo
nome di “Oblati di Maria Immacolata” nel suo soggiorno a Roma, durante l’ottava
dell’Immacolata, forse partecipando alla novena nella chiesa dei Santi
Apostoli. Ne parlò al Papa senza consultare la comunità, tanto gli appariva
evidente la presenza di Maria nella vita della Società.
Dopo aver preso questa decisione, prima ancora di
sapere se il Papa avrebbe approvato la sua proposta, scrisse a Tempier le
famose parole:
"… Oblati di Maria Immacolata. È un passaporto per il cielo! Come mai non ci abbiamo pensato prima? Riconoscete che sarà glorioso quanto consolante per noi essere consacrati in modo speciale e di portare il suo nome. Gli Oblati di Maria! Questo nome dà soddisfazione al cuore e all’orecchio. A questo punto bisogna che vi confessi che ero molto stupito di essere così poco sensibile, di provare così scarso piacere, direi perfino una ripugnanza a portare il nome di un santo [Oblati di San Carlo] che è il mio patrono personale, per il quale ho tanta devozione. Ora capisco: facevamo torto a nostra Madre, alla nostra Regina, a colei che ci protegge e che deve ottenerci tutte le grazie di cui il suo divin Figlio l’ha costituita dispensatrice. Rallegriamoci, dunque, noi ne portiamo il nome e le insegne" [1].
All’indomani dell’approvazione egli scrive nuovamente
a Tempier indicando il nome di Oblati di Maria Immacolata come un segno di
predestinazione:
"Potessimo capire bene ciò che siamo!
Spero che il Signore ce ne faccia la grazia con l’aiuto e la protezione della
nostra Santa Madre, Maria Immacolata, per la quale è necessario che nella
Congregazione abbiamo una grande devozione. Non vi sembra un segno di
predestinazione portare il nome di Oblati di Maria, cioè consacrati a Dio sotto
la protezione di Maria, di cui la Congregazione porta il nome, come il nome di
famiglia che ha in comune con la Santissima e Immacolata Madre di Dio?" [2].
Rispondendo alla domanda che padre G. Depoortère si
poneva nel primo centenario dell’approvazione delle Regole: «Perché questo e non un altro
titolo – specialmente in un momento in cui il dogma dell’Immacolata Concezione
non era ancora stato definito?», mi sembra si possa rispondere: siamo chiamati a rivivere Maria sotto il titolo di
Immacolata perché ella ha vinto il Maligno ed ha aperto la strada al Salvatore.
Traccia così il cammino alla nostra vocazione missionaria: occorre la sua
stessa purezza di cuore per saper discernere i segni dei tempi, cogliere il
grido dei poveri, escogitare le vie di risposta. Maria è la più grande
missionaria perché ha dato Gesù, ha generato la Parola. Anche noi Oblati saremo
autentici missionari nella misura in cui non solo annunciamo la parola, ma
generiamo la Parola nelle persone a cui siamo inviati e generiamo la Chiesa, il
Corpo di Cristo.
Nella Chiesa, Maria si è costituita un proprio “corpo
apostolico” che «cammina sotto le sue insegne, sotto la sua bandiera». Gli
Oblati, per usare altre immagini di Eugenio, sono «la corporazione di Maria»,
«il corpo che ha Maria come Madre e che lotta contro l’impero del demonio e per
il regno di Cristo», «la troupe d’élite
di Maria». Ella si è scelto questo corpo specializzato perché ha bisogno di un
pugno di uomini all’avanguardia, capaci di essere «i ministri di misericordia
di Maria verso il popolo». Se gli Oblati sono «la diletta famiglia della
Santissima Vergine – conclude Eugenio –, davvero dobbiamo considerarla come
Madre. La Vergine Immacolata, la Santa Madre di Dio, la nostra più in
particolare. È meraviglioso!». Non possiamo vivere la nostra missione senza di
lei, “Madre di Misericordia”. Da lei ha inizio la nostra cooperazione al Cristo
e a lei, come chiese Leone XII nel breve di approvazione della Regola, deve
tornare il frutto del nostro lavoro apostolico: «portare nel suo seno di Madre
di Misericordia i figli che Cristo dalla croce volle darle». Ecco perché sant’
Eugenio quando contempla Maria la chiama “Madre della Missione”, “Scala di
Misericordia”, “Nuova Eva”, “Corredentrice”, “Madre delle anime”, “Madre spirituale
di una moltitudine di figli di Dio”, “grande nemica dell’impero del demonio”, “Dispensatrice
di grazie”...[3].
Possiamo rileggere il Direttorio dei Novizi ispirato
da sant’Eugenio, dove troviamo una forte enfasi su una profonda devozione a
Maria:
"È possibile amare veramente Gesù senza
amare la sua divina Madre? E soprattutto ora che la devozione a questa Vergine
ineguagliabile si diffonde in maniera impressionante e produce frutti stupendi
di conversione e di grazia […], che imbarazzo per noi, suoi figli, suoi Oblati,
se non l’amassimo di un amore infuocato, se non avessimo per lei una dedizione
senza limiti! È nostra madre. Ha diritto da parte nostra ad uno scambio di
tenerezza filiale. Tutti noi le dobbiamo la vocazione alla Congregazione e ci
aspettiamo altre grazie abbondanti per il futuro. Dobbiamo, dunque, avere una
gratitudine senza limiti per i suoi benefici e una fiducia proporzionata alla
sua bontà. Ella sarà rifugio […], forza nella debolezza, avvocata presso Dio
[…], consolazione nell’angoscia della prova […], cammino più breve e più sicuro
verso l’amore di Gesù. La devozione a Maria e soprattutto a Maria Immacolata è
anche il mezzo più potente per ottenere la conversione dei peccatori […]. Molte
ragioni per consacrarci senza riserve al culto della nostra Buona Madre! Faremo
di tutto per esprimerle il nostro amore, o con esercizi di devozione o con lo
zelo nell’imitazione delle sue virtù. Cercheremo di esserle graditi in tutto.
Quando si ama, si trovano mille modi per testimoniare la tenerezza. […]
Dopo la devozione per la sacra persona
del salvatore, i novizi della società devono consacrare tutto l’amore che hanno
alla sua santissima Madre, la gloriosa e Immacolata Vergine Maria. Non si
tratta affatto di una devozione ordinaria, come la professano tutti i
cristiani, non si tratta soltanto della devozione più speciale, di cui l’onorano
quegli ecclesiastici più fedeli alla santità; la devozione che dobbiamo avere
per la divina Maria è singolarissima e in nessun altro posto si dovrà trovarne
un grado così alto come da noi. Noi non siamo semplicemente i figli di Maria
come lo sono i cristiani e, in particolare, i ministri della Chiesa: siamo suoi
figli in modo ancor più speciale; è Gesù Cristo che ci ha dato sua Madre per
mezzo del suo Vicario in terra; portiamo il suo nome e abbiamo lasciato tutto
per appartenerle, per avere la felicità di dirci figli suoi. Che grazia, che
favore! Quanto dobbiamo stimarla! Cosa sono tutti i sacrifici in confronto di
quanto ne abbiamo avuto in cambio: essere i figli di Maria, appartenere alla
sua famiglia amata, camminare sotto le sue insegne e a quale titolo! Il più
glorioso, quello della sua Immacolata Concezione. Comprenderemo mai abbastanza
la grazia che di ci ha fatta dandoci tale vocazione? […]
O novizi della Santissima e Immacolata
Vergine Maria. Ah! Se sapeste quale predilezione Dio vi ha manifestato
chiamandoci nella famiglia della Divina Madre. Ogni vostra tenerezza, o
riconoscenza, o devozione verso Maria, non raggiungerà mai la grandezza del suo
amore per voi. Non capirete mai pienamente tutto ciò ch’ella compie per voi e,
di conseguenza, tutto ciò le dovete"[4].
In maniera altrettanto incisive nel 1951 p. Léo
Descâtelets scrive: “Non si tratta – se vogliamo capire la nostra vocazione –
di avere una devozione ordinaria a Maria Immacolata. Si tratta di una sorta di
identificazione con Maria Immacolata, è il dono di noi stessi a Dio attraverso
di Lei e come Lei, che va fino in fondo alla nostra vita cristiana, religiosa,
missionaria e sacerdotale”[5].
Possiamo concludere con le parole del Superiore Generale,
p. Luis Lougen:
"In un momento di grande sconforto e
ansia per il futuro del suo piccolo gruppo di missionari, ricevette la grazia
che questo esso avrebbe compiuto un bene infinito per la Chiesa e sarebbe stato
fonte di grande virtù. Fu una visione di grazia, e fa parte della preziosa
eredità dell’intera Famiglia Oblata. Cerchiamo di essere audaci nel rivendicare
questa grazia per noi oggi. Maria continua a camminare con noi nelle gioie e
nei dolori della nostra vita missionaria. Chiediamo la sua intercessione per il
nostro rinnovato zelo missionario, per una più profonda qualità della vita
consacrata, e il suo aiuto nel nostro impegno vocazionale, affinché nuovi
membri continuino ad unirsi alla nostra Congregazione e alla Famiglia Oblata.
[…] Sperimenteremo il suo sorriso su di noi"[6].
[3] Per questi titoli cf. F. Jetté, Essai sur le caractère marial de notre spiritualité, «Études
Oblates» 7 (1948), p. 17-45.
[4] Direttorio dei novizi, 1853,
p. 168-171.
[5] Notre vocation et notre vie d’union intime avec Marie Immaculée, Circulaire 191, 1951, Circulaires administratives, V, p. 347-349.
[6] Lettera del
Superiore Generale nella Solennità dell’Immacolata Concezione, 8 dicembre 2021.
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