Una rabbia aggressiva diffusa e pervasiva sta inquinando i
rapporti, come la diossina dei roghi di rifiuti inquina l’aria. Si riversa
astiosa e mortifera sui social, per strada, sulle piazze, tra vicini. Come un
fiammifero sulla benzina esplode in violenza fisica, perfino omicida. Ne sono
vittime anche i ragazzi e i bambini istigati dai videogiochi sempre più
perversi. Incolpiamo la pandemia che ci ha a lungo repressi. Qualunque ne siano
le causa la domanda che dovremmo porci è: c’è una medicina, un rimedio a tanta
cattiveria? Qual è l’antidoto alla rabbia? Forse la mitezza? Una volta era
detta virtù dei forti (mentre rabbia e aggressività sono sintomo di debolezza
vigliacca e di paura).
“Mitis”, in latino, è l’attributo del frutto tenero, maturo,
dolce, al contrario di quello acerbo e aspro che allega la bocca. Il frutto per
maturare ha bisogno del tempo, del calore, della stagione favorevole, “mite”,
appunto. Così la mitezza è un cammino lungo, che affina il carattere con la pazienza,
rendendolo comprensivo, benevolo, indulgente, umano, “dolce”. Il Vangelo –
sempre esagerato – va oltre e domanda di reagire al male con il bene, unica via
per spezzare la catena dell’odio e della vendetta. Non è lesione della
giustizia, ma la sua perfezione espressa nella misericordia, la più umana delle
attitudini: “Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi fa del male, pregate
per quelli che vi perseguitano”.
Visitando le chiese mi impressiona la presenza ricorrente
nei monumenti funebri, anche di ecclesiastici, dei leoni, che indicheranno pure
la fortezza, virtù essenziale come la mitezza, ma che non sono comunque
controbilanciati da un’altrettanta presenza iconica di agnelli, emblemi di
mitezza, virtù essenziale come la fortezza. Il “leone di Giuda” è diventato “agnello
di Dio” che si è lasciato condurre mite alla morte salvando così il mondo.
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