Quest’anno ho celebrato le nozze d’argento con la Congregazione degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica: sono consultore da 25 anni. Papa Francesco mi ha da poco riconfermato come consultore di questa Congregazione vaticana per altri cinque anni.
Oggi la prima
riunione via zoom tra tutti i consultori, una quarantina, sparsi nei cinque
continenti. La rappresentanza è molto varia.
Sullo schermo vedo persone note e amiche, come Bruno Forte, Giancarlo Ghirlanda, Mary Melone, Amedeo Cencini, José Cristo Rey, Paolo Martinelli, insieme a tanti volti nuovi, come il superiore generale della Grande Certosa di Francia, e tante altre persone di vocazioni molto diverse.
Cosa dovrebbero fare i “consultori”? Da statuto, dovrebbe essere persone di “scienza e prudenza”, disponibili a “studiare con diligenza le questioni proposte e dare parere per iscritto”. Forse, più in generale, dovrebbero riflettere sulla vita consacrata oggi… a cominciare – è la mia personalissima opinione – dalle sue debolezze e fragilità.
Quest’anno si celebra un altro 25°, quello dell’esortazione Vita consecrata scritta da Giovanni Paolo II. Allora egli propose una visione alta, forte, decisa. Oggi dovremmo avere il coraggio di confrontarci con una immagine di vita consacrata più povera, con una presenza più modesta: non è più una struttura potente nella Chiesa. Siamo diminuiti nei numeri, nelle opere… Siamo scesi da un piedistallo e questo forse ci rende più vicini alla gente con la quale condividiamo anche gli sbagli.
È la condivisione della “debolezza di Dio”. La scelta di Dio passa attraverso il riconoscimento della sua misericordia e della sua gratuità d’amore, che in Gesù raggiunge la nostra fragilità: “Quando sono debole è allora che sono forte”. La nostra debolezza e le nostre ferite non sono un ostacolo, ma la via concreta per lasciarci raggiungere dal suo amore. Questo percorso ci renderà capaci di capire quanti sentono la lontananza o l’assenza di Dio e di aiutarli a cogliere proprio lì la sua presenza.
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