venerdì 23 aprile 2021

Ancora su Giovanni Santolini


Lo zoom su Giovanni Santolini, seguitissimo, ci ha fatto rivivere un'esperienza bellissima:

https://www.youtube.com/watch?v=TKgr8cY_Zto

Congo. Un paese vasto quanto l’Europa, dilaniato da una guerra civile tra le più crudeli. L’ultima volta che ho visitato la capitale, Kinshasa, mi ha fatto impressione il degrado della città, le vetrine dei negozi murate, le finestre delle case chiuse da pesanti inferiate: una prigione che vive nel terrore delle razzie, delle violenze.

Ma per me il Congo era soprattutto il volto sorridente di un amico: Giovanni. Mentre passeggiavamo per le strade di Kinshasa piantonate da soldati armati fino ai denti gli dicevo, scherzando: «Pensa che onore per me quando mi giungerà la notizia che sei stato ucciso. Giovanni, il martire, era mio amico!».

A padre Giovanni Santolini, missionario Oblato di Maria Immacolata, non sono mancate le occasioni per morire martire, dando la vita per amore della propria gente. Come quando il 16 febbraio 1992, accompagnò i vescovi e i cristiani in una manifestazione organizzata dalla Chiesa cattolica per reclamare i diritti civili. Raro europeo, con la sua bella veste bianca e la croce alla cintura, divenne facilmente bersaglio dell’odio dei poliziotti che lo pestarono con il calcio dei fucili e con gli scarponi chiodati, lasciandolo a terra mezzo morto...

Ma padre Giovanni non è stato ucciso, non è morto come un martire. È morto in un comune incidente con il motorino, a 43 anni, il 23 marzo 1997. Non è morto da eroe perché, aveva rinunciato a essere un eroe. Pensava solo ad essere costantemente in donazione, pensava soltanto alla sua gente.

«Verso la seconda liceo - racconta lui stesso -, ho scoperto fortissima la chiamata alla santità. Ho capito che se non diventavo santo la mia vita non avrebbe avuto senso; perciò mi sono messo sotto a diventare "santo"».

I cliché classici della santità gli dicevano che bisognava venire umiliati. Ecco allora le trovate più colorite per farsi prendere in giro, per apparire uno stupido. «Volevo essere il più povero, il più disprezzato di tutti gli uomini».

Presto si accorse che forse non era questa la sua via di santità. Allora di nuovo la domanda: «come farmi santo?» Le penitenze! «I santi hanno fatto grandi penitenze... dormivo per terra, mi alzavo di notte a pregare, d’inverno facevo la doccia fredda, stavo con la finestra aperta... certe volte mangiavo poco, lavoravo a più non posso, ma sentivo che tutto questo non mi bastava.»

Gli dicono che Gesù praticava lo yoga. Si butta nello yoga. Oppure la via del nascondimento dei Piccoli Fratelli di Gesù? Va a Torino a visitarli, ma capisce che neppure questa è la sua strada.

Finalmente la grande idea: il martirio. Si fa l’idea che nelle terre artiche, tra gli eschimesi, ci sia ancora questa possibilità. Ricerca di una congregazione missionaria che lavori in quelle terre. gli Oblati di Maria Immacolata! Voleva andare dove c’erano 40 gradi… “Pensavo a 40 gradi sotto zero, ripeteva. Invece erano 40 sopra zero! Non ero sbagliato, erano sempre 40”.


Giovanni arriva in Congo nel 1987. Ha 33 anni.

A Kinshasa trova una casa di formazione per gli studenti di teologia oblati, in pieno sviluppo. Da 40 in pochi anni i giovani in formazione passano a 50, 60... Giovanni viveva con loro, lavorava per loro, insegnava a loro…

Il 5 aprile 1996, Venerdì santo, mi scriveva «Dio non toglie i problemi, ma mi domanda di amarLo nei problemi. Sento che il mio ruolo qui è quello di dare pace e serenità, di prendere su di me le tensioni e, anche a costo di sembrare sciocco, di far sì che non si vedano i problemi ma che si veda il positivo e che si vada avanti. Bisogna togliere a tutti i costi lo spirito di disfattismo, del "non va bene niente", del "fate tutto male e non siete capaci a far niente..."».

Il segreto di Giovanni stava in questa capacità di consumare in sé il negativo per dare agli altri solo il positivo: un vuoto tutto pieno d’amore: «La mia vocazione è l’unità e quando, anche nelle cose concrete, sono solo, mi sento come un pesce fuor d’acqua» (20.11.95).

La sera prima di morire aveva mandato l’ultimo messaggio E-Mail via Internet. Mi sembra che meglio di ogni altra parola possa dire chi era Giovanni: «Continuiamo a tenere Gesù in mezzo tra di noi nell’amore reciproco: sarà lui che ci proteggerà da ogni pericolo e saprà costruire tutto per il bene e la crescita della nostra opera e della Chiesa. Oggi dalle suore ho parlato di Maria desolata, del suo stabat ai piedi della croce... Lei è la risposta a tutti i nostri problemi e timori. In quello stabat troviamo la ragione del nostro stare fermi, sereni, fiduciosi nel Padre e nel Suo disegno...».

2 commenti:

  1. Grazie per avermi dato l'opportunità di partecipare a questo momento. Quando nella mia parrocchia c'è stata la missione era il 1978 e in quello stesso anno padre Giovanni faceva parte del gruppo missionario OMI . Era nell'anno di noviziato. Quindi è tra i primissimi missionari che hanno fatto e che continuano a fare parte della mia vita. Ieri sera attraverso le testimonianze è stato come tornare alla freschezza e all'essenzialita' della mia esperienza di fede. Lui era una persona speciale. Nell'estate dell'86 al Centro Agape di Gesso ha predicato un ritiro spirituale per i laici della Missione sono stati 8 giorni bellissimi. Di quell'incontro conservo i documenti. Che se posdono essere utili metyo a disposizione.
    Un abbraccio. Sempre uniti in Gesu' con Sant'Eugenio.
    H

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non so chi sei. Sarei contentissimo di avere questi appunti. Grazie della testimonianza

      Elimina