“Che
bello!”. È una delle esclamazioni che meglio esprime la gioia, la pienezza del
cuore. Non diciamo “Che vero”, “Che buono”, ma semplicemente “Che bello!”,
perché se il bello è tale è espressione di verità e di bontà. Senza bellezza si
intristisce e si muore, come quando manca l’aria. Abbiamo bisogno di bellezza,
di rifarci gli occhi davanti alla bruttezza da cui siamo circondati,
dall’accumulo della spazzatura alla volgarità del parlare sguaiato, dalla
rabbia all’insulto che dilagano sui mezzi di comunicazione sociale, dalla
corruzione al disinteresse per la cosa pubblica.
Per
questo l’invito di papa Francesco a cercare «in ciascuno di noi, nei nostri
popoli, la bellezza, la bellezza che ci fonda, con la nostra arte, con la
nostra musica, con la nostra pittura, con la nostra scultura, con la nostra
letteratura. Il bello. Educare alla bellezza…» (5 febbraio 2015). Nella sua esortazione
apostolica Gaudete ed exultate non ha poi esitato ad affermare che la
bellezza “più bella” è la santità, perché meglio rispecchia Dio che è Bellezza: «La santità è il volto più bello della
Chiesa». Sì, perché la Chiesa è armonia di persone che condividono la grande
varietà dei doni: «Che bella cosa! Tanti doni diversi, perché siamo tutti figli
di Dio, e tutti amati in modo unico… Questa è la Chiesa!» (1 ottobre 2014).
Il
futuro del cristianesimo, in un tempo di metropoli anonime, è legato a piccole
comunità unite non necessariamente da vicinanza territoriale, ma da rapporti
personali veri e intensi, informati dal Vangelo. È così che si vive e si
testimonia la bellezza dell’essere cristiani.
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