Le case comuni della
vita consacrata. Un rinnovato stile di vita per i religiosi alla luce della
Laudato si’. È il titolo del nuovo libro
di Onofrio Farinola, appena edito dalle Edizioni Messaggero di Padova. L’autore mi ha chiesto l’introduzione che trascrivo in parte: Papa Francesco,
coerente con il proprio nome, affrontando il tema ecologico, ha additato, come
paradigmatico, il rapporto di san Francesco con la natura. (…) La
lettera Laudato si’ lo indica come
punto di partenza per una nuova coscienza cosmologica, eppure il rapporto dei
“consacrati” con la natura inizia con la nascita stessa del monachesimo, che fa
“fiorire il deserto”: quei luoghi aridi e solitari vennero ingentiliti dalla
presenza di monaci e monache. Da allora il monachesimo ha continuato a
prendersi cura del creato. Basterà ricordare cosa hanno rappresentato nella
storia dell’agricoltura i monasteri di Bobbio, Pomposa, Farfa, solo per restare
in Italia, oppure l’apporto dato alla silvicoltura e alle scienze forestali da
Camaldoli a Vallombrosa. I monaci hanno piantato foreste e curato pascoli,
incanalato acque e prosciugato paludi, bonificato terreni incolti e favorito
nuove colture, insegnando a popolazioni intere le tecniche agronomiche e il
senso del lavoro, in obbedienza a Dio che ha affidato la terra all’uomo. Di qui
la «cura del lavoro ben fatto» come impone la Regola benedettina. (…) Assieme
alla cura della terra, che forniva gli alimenti per il sostentamento proprio e
dei poveri, monaci e religiosi si sono dedicati alla cura del corpo e della
mente delle persone che vivevano attorno a loro, sviluppando la scienza delle
erbe e la farmacopea. Tutto questo ha favorito e sviluppato l’amore e il
rispetto per natura.
Poi è arrivato il
progresso tecnologico, basato sull’equivoco che si potessero usare le risorse
della natura in modo illimitato. Più ancora l’equivoco di fondo riguarda il
concetto stesso di sfruttamento della natura inteso come possibilità e
positività di una crescita indefinita del potere dell’uomo sulle cose. (…)
Finalmente si è preso
coscienza che il problema ecologico è fondamentalmente un problema etico, un
problema di rapporto di noi uomini e donne con la natura, un problema che
riguarda il nostro modo di agire. Dalla cosiddetta “cosmologia classica”, che vede
l’uomo distinto dal creato e come suo dominatore, si è passati alla cosiddetta
“nuova cosmologia”, una concezione olistica, vede l’uomo come parte del creato,
sua ultima e massima espressione, autocoscienza del cosmo (…), aiutando a
prendere coscienza della profonda interdipendenza che lega umanità e cosmo.
Finalmente si
rileggere in modo nuovo il racconto biblico della creazione che, contrariamente
a questo si è a lungo pensato, non dà assolutamente facoltà di sopraffazione
sulla natura. (…) L’uomo e la donna sono amministratori di una realtà di cui
non sono i padroni. Il creato è opera di Dio, è di Dio, e Dio nel suo amore lo
dona alle persone umane. Queste non possono allungare la mano sul mondo e dire “è
mio”. Esse piuttosto si vedono porgere il mondo dalla mano di un Altro che gli
dice “è per te”. L’umanità si vede consegnare un’opera meravigliosa. (…)
Consegnando il cosmo
all’umanità Dio ha voluto renderla responsabile dell’intera natura. Ha fatto
l’uomo e la donna a immagine e somiglianza sua proprio perché potessero essere
i suoi collaboratori e con lui continuare a diffondere la vita. (…) All’idea del dominium subentra il
tema della responsabilità ambientale. (…)
Per continuare
l’azione di Dio l’uomo deve poter conoscere il piano di Dio e quindi essere in
comunione con lui, in un rapporto profondo di amicizia e di amore. Senza un rapporto
vivo con Dio suo creatore egli non può svolgere la missione di coltivare con
amore la terra. In effetti quando con il peccato l’uomo si stacca da Dio non è
più capace di custodire il mondo nella bellezza e nell’armonia nelle quali era
stato creato. (…) Ed ecco che qui s’innesta l’apporto specifico della vita
consacrata, nata per “quaerere Deum” e per scoprire il suo disegno sulla
creazione e sulla storia. Il rapporto persona-natura non è mai distaccato dal
rapporto Dio-uomo e Dio-natura. Il religioso e la religiosa sono chiamati a
entrare in questo rapporto vitale che nasce dallo stesso atto creativo. Nella
natura dovrebbero saper cogliere l’autorivelazione di Dio e il dono che egli fa
di sé.
Ma come cogliere la
presenza di Dio nelle cose, il suo amore provvidente che tutto sostiene e che
continuamente crea? Occorre uno sguardo puro, che sappia vedere con l’occhio
stesso di Dio. Occorre la capacità di contemplazione, di preghiera, di
meraviglia… Non fa parte tutto questo della vocazione della vita consacrata?
Soltanto a queste condizioni la natura diventa un messaggio divino e mostra
come ogni suo elemento è in relazione d’amore con l’altro, quasi riflesso della
relazione d’amore trinitaria. Se tutto è opera di un Dio che è Amore, di un Dio
che è Trinità, ossia rapporto di comunione, tutto porta il suo timbro e in
tutto potremo scoprire la presenza dell’Amore.
Soltanto così nasce
il rispetto per il creato, nella coscienza di essere parte di esso e con esso
in cammino verso i cieli nuovi e la terra nuova. (…)
Questo implica una
conversione a livello personale e comunitario, che domanda un ripensamento del
proprio stile di vita, la responsabilità davanti al consumo, l’attenzione
all’ambiente, cominciando dalla cura per la propria casa.
Soprattutto occorre
andare alla radice del problema, rompendo la logica egoistica di una cultura
basata sul dominio, sulla sopraffazione, sull’avere. (…) È la stessa logica
perversa che spesso guida i rapporti umani: voglio possedere l’altro,
asservirlo a me, usarlo per i miei interessi. Deve subentrare una logica nuova.
Chi di noi non ha sperimentato, almeno una volta, la gioia del donare? Quando
rendo felice una persona, quando faccio un regalo ad un amico, quando offro il
mio aiuto a chi è nel bisogno, mi sento contento. Quando amo sento come una
pienezza di vita in me, mi sento realizzato. L’apostolo Paolo ricorda un detto
del Signore secondo il quale «c’è più gioia nel dare che nel ricevere».
Credo che il problema
ecologico troverà la sua risposta nella misura in cui sapremo dare una risposta
al problema umano. Ossia saremo capaci di ridare l’armonia alla natura solo
nella misura in cui sapremo trovare un’armonia tra noi uomini e donne. (…)
Qui forse è l’apporto
più realista che i carismi possono offrire. (…) Religiosi e religiose (…) possono
insegnare le parole del Vangelo, come esse si realizzano e quali sono i frutti
che portano tra di loro. Se sapranno aiutare chi sta loro attorno a vivere la
reciprocità dell’amore allora anche ogni intervento sulla natura sarà compiuto
tenendo conto non solo di sé stessi, ma anche degli altri, dei popoli e dei
paesi vicini, degli altri continenti. Si avranno costantemente presenti anche
le generazioni future, perché‚ tutti siamo legati da un rapporto di amore.