“Voi
siete la luce del mondo”, proclama Gesù rivolgendosi ai discepoli (Mt 5,
13-16).
Noi
luce del mondo? Ma è Gesù la luce del mondo: «Io sono la luce del mondo»,
proclama nel tempio di Gerusalemme (Gv
8, 12; 9, 5). Sì, in Gesù «la luce è venuta nel mondo» (Gv 3, 19), egli è la «Luce vera, che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9),
Eppure
Gesù ci vuole luminosi come lui; non si limita a illuminarci: ci accende con la
sua stessa luce e ci rende uomini e donne di luce: «Voi siete la luce del mondo».
La
lettera ai Filippesi così interpreta queste parole del Signore: «siate
irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione
perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo» (2,
15).
La luce
che brillava sul volto di Gesù il giorno della sua trasfigurazione sul monte
Tabor (cf. Mt 17, 2), riverbera ora
sul nostro volto: siamo avvampati dal suo stesso fuoco: «E Dio che disse:
Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la
conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo» (2 Cor 4, 6).
È l’esperienza
dei primi cristiani, a cominciare da Paolo. Avvolto da «una luce dal cielo, più
splendente del sole», è trasformato lui stesso in luce ed è mandato ad
annunciare la Parola di Dio ai pagani, «ad aprire loro gli occhi, perché
passino dalle tenebre alla luce» (Atti
26, 13.18).
Nel
loro primo viaggio missionario Paolo e Barnaba si rendono ben presto conto di
essere strumenti di luce per i pagani di Antiochia di Pisidia e quindi per
tutti i popoli. Essi applicano a se stessi le parole che fino ad allora erano
state applicate a Gesù: «Io ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti
la salvezza sino all’estremità della terra». «Nell’udir ciò, i pagani si
rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti
quelli che erano destinati alla vita eterna. La parola di Dio si diffondeva per
tutta la regione» (Atti 13, 47-49).
I
cristiani sono “luce per le genti” come lo è Gesù, perché sono un altro Gesù e
nella misura in cui gli appartengo. Essere Gesù, essere la Parola per essere
luce: ecco la nostra vocazione.
E lo
siamo insieme: “Voi siete la luce del mondo; non
può restare nascosta una città collocata sopra un monte”. La
città posta sul mondo che deve illuminare richiama immediatamente l’idea di una
comunità di persone. «Qual è questa città? – si domanda un anonimo scrittore
patristico –. È la Chiesa dei santi (…). Chi sono coloro che accedono la
lucerna? Il Padre e il Figlio. Qual è quella lucerna? La parola di Dio di cui
fu detto: “Lampada per i miei passi è la tua parola” (Sal 118, 105). Affinché
faccia luce, cioè si mostri e illumini quelli che sono nella casa della Chiesa
o nella casa del mondo intero. Che cos’è il candelabro? La Chiesa che porta la
parola di vita. (…) Perciò ogni uomo che fa parte della Chiesa, in possesso
della parola di Dio, è definito candelabro».
Gesù
che vive in mezzo a quanti sono uniti nel suo nome si fa luce per tutte le
genti.
L’essere
luce è ancora legato all’essere amore, come ricorda con chiarezza la Prima Lettera di Giovanni: «Chi ama suo
fratello, dimora nella luce e non v’è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia
suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le
tenebre hanno accecato i suoi occhi» (2, 10-11).
Il
cammino è tracciato: essere Parola per essere luce; essere amore per essere luce;
essere Chiesa per essere luce.
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