domenica 23 febbraio 2020

Gli Oblati e Chiara Lubich



In questo anno centenario della nascita di Chiara Lubich ho riletto qualcosa sul rapporto che abbiamo avuto con lei come Oblati. È un articolo che scrissi nel 1998 su “Missioni OMI” in occasione dei 30 anni della comunità di Marino. Mi sembra ancora attuaissimo.

Non si possono ricordare gli inizi di Marino e di Vermicino senza parlare del Movimento dei Focolari e, in particolare, della sua fondatrice, Chiara Lubich.
Ho ancora impresse nel cuore le parole che ci scrisse in occasione della festa dell’Immacolata del 1972: “Veramente la Madonna vi ama con un amore di predilezione e conta su di voi, su ciascuno di voi, per poter ridonare al mondo Gesù. E ci assicurava la sua unità e il suo ricordo particolare “perché possiate sempre di più essere Maria. L’anno dopo, in occasione dei voti perpetui di alcuni di noi, scriveva ancora: “State per mettere il piede sull’altra sponda per sempre. Che Dio vi faccia morire piuttosto che tornare indietro. Ed ognuno di voi sia fiamma accesa che mette fuoco dovunque passa coll’amore a Gesù Abbandonato”.
La passione e il profondo rispetto che ha sempre mostrato per i carismi, per i fondatori, per la vita consacrata, l’hanno portata, in tutti questi anni, a suggerirci di vivere con radicalità la nostra vita religiosa, nella sua dimensione mariana e missionaria. Il suo amore per Eugenio de Mazenod l’ha spinta ad orientarci costantemente verso di lui, a conoscerlo in profondità, a riviverne appieno il carisma.
“Sono spiritualmente tra voi - ci scriveva in occasione della beatificazione di Eugenio - sicura che Gesù in mezzo illumina le parole e la vita del vostro grande Santo Fondatore e vi farà sempre più simili a Lui, per lo splendore e la grandezza della Chiesa.
Come ho vissuto la beatificazione del vostro Fondatore? In piena unità con voi, condividendo la vostra gioia come di cosa riguardante la mia famiglia, perché la mia famiglia è la Chiesa: e nella Chiesa in particolare con chiunque è imparentato in qualche modo con l’Opera di Maria”.


E noi ci sentivamo e ci sentiamo, in qualche modo, imparentati con l’Opera di Maria (è questo il nome ufficiale del Movimento dei Focolari). E come noi tanti altri religiosi e religiose di molti istituti, in ogni parte del mondo.
Già dalla nascita del Movimento dei Focolari, religiosi e religiose avevano aderito a questo nuovo carisma che lo Spirito Santo aveva suscitato nella Chiesa. Ciò da cui erano attratti era soprattutto la freschezza di vita evangelica che in esso si viveva. Erano impressionati dalla totalità dell’impegno, dalla semplicità e dal carattere evangelico dei primi membri del Movimento. La scelta di Dio, credere incondizionatamente al suo amore, fare con gioia la sua volontà, la certezza di realizzare il disegno di Dio col vivere l’attimo presente, vedere Gesù in ogni prossimo e lo sforzo di amarlo come Lui, fino alla croce e all’abbandono, confrontarsi costantemente con il Vangelo e lasciarsi “evangelizzare” vivendo la Parola, erano aspetti di una spiritualità che dava una particolare luminosità e concretezza alla loro stessa consacrazione religiosa.
Sentivamo una affinità e una consonanza con l’ideale evangelico così come lo si vedeva vissuto dalle persone del Movimento - testimoniano i primi Oblati che, insieme ad altri religiosi erano entrati in contatto con i focolarini -. Nella loro semplicità essi ci apparivano interi, trasparenti, luminosi. Il contatto con loro metteva fortemente in luce gli elementi fondamentali della nostra stessa consacrazione religiosa ed operava una radicale trasformazione della nostra vita: un nuovo rapporto con Dio, unico tutto, al quale consacrare mente, cuore, attività; un nuovo rapporto con il nostro fondatore e la nostra famiglia religiosa. Ma soprattutto a contatto con il Movimento veniva in rilievo l’amore scambievole, l’essere un cuore solo e un’anima sola, Gesù in mezzo alle persone unite nel suo nome, l’unità. Da qui nasceva non solo un impegno maggiore a vivere e promuovere la comunione all’interno delle nostre comunità, ma - ed era una cosa nuova - anche tra religiosi di differenti Ordini e Istituti”.


Allora come adesso tanti Oblati, nella spiritualità del Movimento e nei rapporti fraterni con i suoi membri, appartenenti ad ogni vocazione, trovano non certo qualcosa che può disturbare la loro spiritualità, ma viceversa una luce che la ravviva e aiuta a comprenderla meglio. Sentono perfettamente armonizzabili le due realtà. Il Movimento dei Focolari invita infatti religiosi e religiose ad una comunione reciproca che va al di là dell’ambito dei seguaci di un fondatore o di una fondatrice e sa farsi luogo d’incontro tra persone portatrici dei diversi carismi per una più ampia e profonda dilatazione della carità. Quello che il cristianesimo insegna nel campo del rapporto fra singoli - amare, conoscersi, farsi uno con gli altri, fino al punto di potersi comunicare i doni eventuali che Dio ci ha fatto - vogliamo venga trasferito nel piano sociale, sì da conoscere, stimare ed amare gli altri Istituti, Movimenti ed Opere della Chiesa e suscitare o accrescere fra tutti la reciproca comunione di beni spirituali.
L’esperienza e la dottrina sul rapporto tra il Movimento e i religiosi si è venuta codificando in questi anni, ed ha conosciuto una sempre più esplicita approvazione da parte della Chiesa. Parlando di questa esperienza e della novità del fatto che religiosi di tanti istituti diversi si incontrano tra di loro nell’ambito del Movimento dei Focolari, Paolo VI diceva: “Non è cresciuta la fraternità? È tolta qualcosa all’originalità dei vostri Istituti? No! Il confronto fraterno - ecco il Focolare! - aumenta la carità rispettiva e collettiva” (14.7.1979). E più recentemente Giovanni Paolo II: “La spiritualità di comunione che l’Opera di Maria promuove e coltiva, costituisce una dimensione essenziale della vita cristiana. Vi incoraggio - continuava rivolgendosi alle 400 religiose presenti - a crescere in essa, a viverla nelle vostre comunità e negli ambienti dove operate” (17.4.1996).
“Nessuno - ha scritto Jesus Castellano, preside dell’Istituto di spiritualità Teresianum - abbia timore o sospetto di un’Opera che porta il sigillo dell’amore e della discrezione della Madre. Anche il carisma dell’Opera di Maria, del Movimento dei Focolari, è un servizio per il bene comune della Chiesa e di tutte le famiglie religiose. Un carisma ed un servizio affinché insieme possiamo riscoprire ed attuare nella vita religiosa e fra le famiglie religiose il testamento di Gesù, al servizio del quale sono convogliati tutti i carismi della Chiesa: “Che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17, 21). Oggi, questo pressante invito e preghiera di Gesù ci richiamano insieme alla comunione nell’unità per una più feconda testimonianza e missione”.


Proprio questo contatto con il Movimento ci ha spinti, non solo ad aprirci alla comunione con tutte le varie componenti ecclesiali, ma anche ad approfondire la nostra vocazione specifica. Le due cose sono andate di pari passo. Più cresce la comunione ecclesiale, più c’è la luce per capire il proprio particolare.
Così abbiamo seguito quanto Chiara ci aveva detto nel 1974: “Se io potessi darvi un consiglio, vi direi: Cercate di studiare bene il vostro Fondatore agli inizi, nei primi anni della sua vita”.
Fu così che Vermicino si è caratterizzato per uno studio sempre più intenso del fondatore e del carisma oblato. Ero ancora studente di teologia, quando con i miei compagni donammo a Chiara uno dei primi frutti di quel lavoro: un libretto ciclostilato con alcuni pensieri sulla vita fraterna, tratti dagli scritti di sant'Eugenio.
Pochi giorni dopo ci chiese se poteva mandare copia di quel libretto a tutti i focolari, sparsi nel mondo. Lo aveva letto d’un fiato, “come si beve un sorbetto” - aggiungeva. Era rimasta incantata da Eugenio de Mazenod: “La sua fede nella Chiesa è come una roccia. Pur essendo un grande fondatore, ha molto più del padre. E si sente in lui un’indubbia influenza mariana: ha un cuore di Madre. È grande perché ha come idea fondamentale la legge della nuova alleanza, quella di Gesù. Lo si vede tutto intento a cementare i mattoni della sua opera, suscitando l’amore reciproco e riversando quel particolarissimo amore che lui sente per i suoi e che viene da un cuore di carne”. Chiara aveva capito sant’Eugenio nel profondo della sua personalità spirituale.
Ma ciò che più mi colpì allora furono queste parole di Chiara rivolte a noi Oblati, sempre in quella circostanza: “Se loro, per ria del carisma dell’unità, si sentono dell’Opera di Maria, io per via del loro fondatore mi sento Oblata di Maria Immacolata”. E subito aggiungeva: “Ma io mi sento di tutti gli Ordini: di san Francesco, di san Benedetto...”. Queste parole mi fecero intravedere un cuore cattolico, aperto, capace di spaziare sulla Chiesa intera, pronto ad accogliere e condividere il bene ovunque e comunque si presenti.


Mi sento di tutti gli Ordini...”. Queste stesse parole, espresse in modo diverso, le ho poi ritrovate spesso negli scritti di Chiara. “Se da una parte siamo coscienti che il carisma del nostro Movimento è utile a tutta la Chiesa - scriveva ad esempio leggendo gli scritti di san Giovanni della Croce - dall’altra siamo pure convinti che tutti i carismi della Chiesa sono utili a noi, figli della Chiesa. E allora dobbiamo imparare da tutti i santi”. Per questo sa mettersi con umiltà alla scuola dei santi, anche di sant’Eugenio. La loro esperienza le appartiene, come tutto ciò che è Chiesa. “È proprio della nostra spiritualità - scrive in proposito - imparare dai santi, farci figli di essi, per partecipare del loro carisma”.
In questa stessa logica di comunione ecclesiale e di respiro universale, anche tanti di noi Oblati vogliamo imparare da questo carisma che Dio ha dato per il mondo di oggi. Allora, sempre più, anche la parola del Vangelo fatta propria da sant’Eugenio, “Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri”, sarà tutta orientata ad attuare il testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”.


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