Ci sono
tre cose inutili – almeno così mi hanno sempre detto: Confessare le suore,
raddrizzare le zampe ai cani e predicare ai preti. Sull’ultima inutilità sembra
che il vecchio detto oggi si sia smentito.
Ho “predicato”
il ritiro al clero della diocesi di Capua e mi sembra non sia stato vano. Un ascolto
e un’attenzione insoliti. Soprattutto ne è seguito un dialogo profondo, sereno,
con comunione di esperienze di vita personali intense e significative.
Non è
stato “inutile” soprattutto per me perché ho ricevuto molto più di quello che
ho dato.
Ieri
avevo davanti un altro uditorio, gli operatori pastorali e i catechisti, più di
100 laici e laiche, avvolti dalla gioia e che mi hanno dato gioia.
Il
tema, come ho scritto ieri, era “L’annuncio della Parola, testimonianza di vita
fino al martirio”.
Sono
partito dalle ultime parole rivolte agli apostoli da Gesù, prima di salire al
cielo, sono state: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la
Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Atti 1, 8);
e dalla
risposta di Pietro e Giovanni al sinedrio che li diffida dal parlare e
dall’insegnare nel nome di Gesù: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo
visto e ascoltato» (Atti 4, 20).
L’annuncio
è testimonianza: “quello che abbiamo visto e ascoltato”.
Testimoni
dunque, ossia coinvolti in prima persona in quello che annunciano: occorre aver
udito, visto, contemplato, toccato. Si comunica un vissuto, un’esperienza.
Altrimenti è erudizione, forse catechesi, ma non si genera la vita.
E Capua? La grande Capua romana e medievale?
La vedrò un'altra volta. Questa volta mi accontento del campanile della cattedrale.
E Capua? La grande Capua romana e medievale?
La vedrò un'altra volta. Questa volta mi accontento del campanile della cattedrale.
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