Caro Tommaso,
sai
cosa mi succede con i libri. Quando ne arriva uno nuovo a volte inizio subito a
leggerlo, altre volte lo metto da parte: “Lo leggerò a suo tempo”, mi dico. Può
stare lì per anni. Ogni tanto, quando scorro la mia libreria, me lo rivedo
davanti; lentamente mi diventa una presenza familiare: so che attende con pazienza.
Poi un giorno, senza un particolare perché, lo prendo in mano e comincio la lettura, ora più gustosa
dopo la lunga attesa.
Così
mi è capitato con il tuo libro, pubblicato nove anni fa.
L’ho
letto in questi giorni, nella mia stanza, in metro, in treno…, a bocconi, ma
senza mai perdere il filo. L’ho terminato ieri e oggi sono andato a cercare il
dattiloscritto che mi avevi inviato. C’è ancora allegato il biglietto d’accompagnamento,
datato 31 marzo 2001:
“Carissimo
p. FABIO,
ho
lavorato per due anni a questa redazione su Giordani e la preghiera,
richiestomi da mons. Tasciotti.
Puoi
leggerlo con attenzione?
Con
la speranza che, nel pubblicarlo, possa essere impreziosito da una tua introduzione.
Subito
dopo le feste pasquali, ti cercherò.
Con
affetto e stima.
Tuo
in MARIA, oblato anch’io.
Tommaso”
Con
la posta mi succede come per i libri. Ad alcune lettere rispondo subito, altre
rimangono lì a lungo… la tua diciannove anni! Ma non restano disattese, e
finalmente ti rispondo.
Chissà
perché nel 2001 non lessi il tuo testo. Quando me lo mandasti ero ancora in
Asia, dove ero andato per più di un mese, passando dalla Thailandia, al Vietnam,
alla Corea, alle Filippine. Al ritorno fui ripreso dalla Scuola Abbà, dal
preparare l’incontro con l’Associazione dei Membri Curie Generalizie e chissà da
quante altre occupazioni. Eppure il tema del tuo scritto mi interessava
particolarmente. In quel periodo infatti Chiara avrebbe voluto affidarmi il
compito di postulatore per la causa di beatificazione di Igino Giordani
promossa dal Vescovo di Tivoli. “Farai un po’ da ‘regista’, mi diceva, lasciando
che siano altre persone a lavorare nei diversi ambiti storici, teologici e
giuridici. Basterà dedicare a questo lavoro un giorno alla settimana per
riservare l’altro tempo al Centro dei religiosi e agli altri impegni, come l’università,
gli Oblati...”.
C’è
un tempo per ogni cosa. Il tempo per leggere il tuo libro, Il “viaggio”, il “volo
di Igino Giordani, è arrivato adesso. ... e adesso, come vedi, rispondo alla tua lettera, ma per quanto
riguarda la presentazione, mi dispiace, ti ho deluso (hai aspettato 10 anni!, fin quando hai pubblicato il libro senza nessuna presentazione).
Chissà cosa avrei scritto se allora avessi risposto alla tua richiesta. La mia lettura sarebbe stata diversa da quella di adesso. Allora lo sguardo si sarebbe incentrato su Giordani e avrei parlato del sapiente percorso che hai saputo tracciare: un capolavoro di teologia spirituale, un ritratto perfetto che illustra la sua santità: basterebbe da solo a costituire la positio per il processo di beatificazione.
Adesso invece leggendo il tuo libro non posso guardare a lui senza guardare a te. In quanto scrivi ascolto la tua voce, sento il timbro secco e veloce della pronuncia, vedo la tua mimica, sento il tuo sguardo posarsi su
di me, con quei tuoi occhi socchiusi per fissarmi più intensamente. Parli di Giordani
e m’accorgo che parli anche di te, forse senza che neppure rendertene conto. Vi
vedo rispecchiati l’uno nell’altro. Il tuo “viaggio” è stato diverso da quello
di Foco, eppure anche tu, come lui, hai spiccato il “volo” in Dio. Quei tratti
d’unione profonda con Cristo, l’amore per Maria, l’attenzione al fratello che
descrivi così bene nella vita di Giordani, sono spesso i tuoi. Anche tu hai
raggiunto quell’unione mistica con Dio che descrivi con senso di pudore.
Era
l’impressione che ebbi l’ultima volta che ti ho incontrato, il 18 gennaio 2014
quando, assieme a Luigino Bruni, venni a trovarti nella tua casa a Teramo. Nel
mio diario annotai: «Sul comodino, accanto al letto, la cartella con i fogli su
cui Tommaso sta lavorando: “La maternità di Dio”. “Mi colpirono le parole di
Giovanni Paolo I – racconta – quando disse che Dio, oltre ad essere Padre, è
anche Madre. Da allora ci ho pensato spesso ed ora scrivo su questa realtà di
Dio”. Lasciandolo mi è sembrato di scorgere anche in lui un tocco della
maternità divina».
L’impressione
di allora mi è confermata dalla lettura del tuo libro: hai raggiunto la
familiarità nel rapporto con Dio Padre e Madre.
Adesso
sento ancora più intenso quel tuo “affetto” che mi dichiaravi alla conclusione
del breve biglietto, e quella “stima” immeritata da parte mia e sincera da
parte tua.
Un’ultima
confidenza. Come segnalibro che ha scandito la lettura del tuo libro,
casualmente ho tenuto la foto di Domenico Mangano; l’avevo tra mano perché nel
periodo di Natale ho letto tutti i suoi scritti.
Così
sono stato – e sono – in compagnia di tre persone profondamente legate tra di
loro: tu, Igino e Domenico. Un trio unito materialmente dal libro, e profondamente
da un unico Ideale di vita, da un identico impegno politico, da limpidezza d’animo, da una rettitudine diamantina, da evangelica “ingenuità”, da una santità ricca d’umanità.
Vi
sento tutti e tre così vicini…
Sono
sicuro che mi accompagnate nel mio viaggio, fino a quando non mi vedete
spiccare il “volo” come voi, con voi.
Con
affetto e stima.
Tuo
in MARIA, focolarino anch’io.
Fabio
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