Eccomi di nuovo in viaggio. Questa
volta la meta è vicina: Capua.
Incontri con gli operatori pastorali
e poi con il clero.
Tema: “L’annuncio della Parola, testimonianza di vita fino al
martirio”
L’annuncio
del Vangelo è infatti innanzitutto una testimonianza: occorre aver udito,
visto, contemplato, toccato. Si comunica un vissuto, un’esperienza. Altrimenti è
erudizione, forse catechesi, ma non si genera la vita.
Possiamo
guardare ai testimoni per eccellenza: i martiri.
Màrtys in
greco vuole dire proprio “testimone”, colui che annuncia, attesta e grida la
gioia della Resurrezione. Da Stefano fino a Padre Jacques Hamel, ucciso nel luglio
2016 e di cui è in corso la causa di beatificazione. Il martirio mostra la
bellezza e la serietà del Vangelo e della vita cristiana. Il martire dice la
priorità di Cristo su ogni altro valore, vita compresa, è quindi annuncio di
Cristo.
Potremmo
rileggere le testimonianze di Policarpo, Ignazio di Antiochia, di Cecilia,
Agnese…
Come
Oblato di Maria Immacolata ricordo il martirio di alcuni dei nostri missionari
che hanno annunciato il Vangelo con la testimonianza estrema della vita.
Sono
104 i Missionari Oblati uccisi in maniera tragica. 27 di loro sono già stati
dichiarati beati dalla Chiesa.
Il
primo è un Missionario Fratello, non sacerdote, Alexis Reynard, ucciso nel
1875.
Chi è
Fr. Alexis? È un semplice, un puro, una di quelle presenze nascoste, senza le
quali nessuna missione si può realizzare, una di quelle fondamenta nascoste,
senza le quali nessun edificio si può costruire. Così ce l’ha descritto Ileana
Chinnici in occasione del Convegno su “Oblazione e martirio” che abbiamo tenuto
in Spagna nel maggio scorso.
Fin
dall’infanzia, in Francia, ha il desiderio del sacerdozio, ma deve occuparsi
dei suoi sei fratelli più piccoli. Dopo la morte del padre, contadino, affida
la famiglia ad un fratello ed entra tra gli Oblati nel 1849, all’età di 21
anni, ma non ha istruzione sufficiente per diventare prete.
Inviato nel Nord
Canada nel 1852 diventa un pioniere delle nuove missioni. Fa di tutto:
contadino, allevatore, boscaiolo, falegname, artigiano, pescatore …
Dio
accolse, in modo del tutto speciale, il suo desiderio di sacerdozio, unendolo
al sacrificio eucaristico di Gesù´. Durante una spedizione, fr. Alexis va in
avanscoperta con una carovana. Con lui vi sono una guida locale, Louis, alcune
famiglie meticce, e un’orfana quattordicenne, Genevieve: la stanno portando in
un collegio che le suore in arrivo stanno aprendo. Alexis è preoccupato dalle
attenzioni poco sane che la guida Louis, noto per la sua irascibilità e
crudeltà, mostra verso la ragazza.
Chi è
più povero di un’adolescente meticcia orfana? Non ha genitori, non ha affetti,
non ha famiglia, non ha beni, non ha cultura ... Chi potrebbe proteggerla? Chi
prenderebbe le sue difese? Quanto conta
la sua dignità di ragazza, di donna, la sua intimità, la sua femminilità? A chi
potrebbe interessare, se diventasse oggetto di possesso, di violenza, di abuso,
di disumanità? Géneviève è indifesa, di fronte alla libidine di Louis, un uomo
violento e senza scrupoli. Ma i semplici difendono i semplici, i puri difendono
i puri. Fr. Alexis, nella sua semplicità, avrà pensato di poterle fare scudo e
proteggerla da quell’uomo violento.
Va così
incontro al suo martirio, e al compimento del progetto di Dio su di sé: è ucciso
e cannibalizzato, perché ostacolo ad uno stupro pianificato e infame,
perpetrato contro una ragazzina inerme.
Alexis
non è sacerdote, ma è vittima. Dio chiama Alexis a vivere in se stesso il
sacrificio eucaristico: la sua carne è diventata cibo del suo carnefice, suo
nutrimento nelle fredde distese senza selvaggina del Canada settentrionale. Il
suo sacrificio è unito a quello di Géneviève.
Non è
una testimonianza di amore evangelico di fronte agli abusi che oggi sono una
contro testimonianza evangelica, anche all’interno della Chiesa?
Continuo
con p. Maurice Lefebvre ucciso nel 1971 a La Paz, in Bolivia, mentre stava
portando soccorso ai feriti della guerriglia; con Michael Paul Rodrigo,
assassinato il 10 novembre 1987 nello Sri Lanka, mentre stava celebrando la
messa; pochi giorni prima, il 28 settembre del 1987 aveva scritto alla sorella
Hilda: «... La Croce non è qualcosa che appendiamo alla parete o che portiamo
al collo. Gesù vi è stato appeso per primo... Così noi dobbiamo essere pronti a
morire per la nostra gente se l’ora arriva e qualora essa arriva». Non manca,
naturalmente la testimonianza beato Mario Borzaga…
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