Il 3 dicembre di 24 anni fa Giovanni Paolo
II proclamava Eugenio de Mazenod santo.
Tanti avevano i loro dubbi: un grande
vescovo certamente, ma proprio santo…
Certo era un caratteraccio, anche se le
sue sfuriate e i suoi “colpi di maestrale” passavano presto. Tante volte
bastava che padre Tempier, il fedele compagno, gli dicesse: “E poi?”, perché
tutto si calmasse.
Uno storico, L. Giraud, scrive
in proposito: “Quando si accorgeva che il carattere impetuoso gli aveva fatto
colmare la misura, o che, pur avendo ragione, lo aveva manifestato con rigore
eccessivo, ritornava sui suoi passi con rettitudine disarmante. È stato visto
più volte, dopo aver rimproverato pubblicamente un parroco, inginocchiarsi
davanti a lui, chiedendogli di esser confessato, e ricevere così il perdono
sacramentale dalla stessa persona che aveva umiliato”.
Ma c’è un episodio che mi pare
particolarmente significativo.
Gli appunti del ritiro per la preparazione
della presa di possesso del seggio episcopale di Marsiglia, sono bellissimi e
concreti. Sono rimasti dei semplici propositi?
Un giorno padre Mouchette (siamo ormai
alla fine della vita di sant'Eugenio) lo stava aiutando nella casa di campagna
a sistemare delle vecchie carte. Il padre racconta: «Trovammo le risoluzioni
che aveva preso durante il ritiro in preparazione alla consacrazione; mi disse
di leggergliele. Ad ogni punto mi interrompeva con straordinario candore per
dirmi: “Questo l’ho messo in pratica; per quest’altro ho dovuto attendere
venticinque anni per metterlo in pratica, ma alla fine ci sono arrivato! Vedi
bene, aggiunse, che nei ritiri è lo Spirito Santo che inspira i propositi ed è
ancora lui che porta a compimento i disegni che ha dettato. Chi avrebbe detto
allora che mi ci sarebbero voluti venticinque anni per attuare questa o
quest’altra risoluzione? Tuttavia venticinque anni non sono troppi”».
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