“Mi chiamo Benedetta Jongrak Donoran (Tee), nata nel 1975.
Sono stata battezzata nel 2012. Attualmente sono postulante nella Congregazione
delle Missionarie di Maria – Saveriane”.
È radiosa Benedetta mentre dona la sua esperienza davanti ai sacerdoti,
seminaristi, religiosi e missionari thailandesi, ma soprattutto davanti al Papa, a Bangkok, in Tailandia.
La sua famiglia è buddista e vive secondo l’insegnamento
buddista che anche lei condivideva.
«Mentre studiavo – racconta la giovane –, ebbi
l'opportunità di entrare nella Chiesa Cattolica che c’era nel mio paese, la
chiesa dell’Immacolata concezione.
Allora avevo 15 anni e le suore, Figlie della Carità,
invitarono noi ragazze a una celebrazione domenicale. Ci andai con le mie
amiche e appena entrata in chiesa vidi la statua di una donna che non sapevo
chi fosse, ma mi colpì la sua bellezza e
il suo modo di guardarmi. (…) Da allora ho iniziato a partecipare di mia
iniziativa alla messa della domenica perché attirata dalla bellezza di quella donna e volevo conoscerla di più.
Fu così che cominciai a conoscere la Madonna e Gesù. La grazia venne come
conversione del cuore».
Il racconto continua con tanti particolari. Mi colpisce
però in modo particolare quel primo incontro con Maria, con la bellezza di
Maria: è l’inizio di un cammino di conversione e di chiamata alla vita
consacrata.
Anche il Papa è rimasto colpito da questo incontro con la
bellezza di Maria. Infatti subito dopo la testimonianza di Benedetta, prendendo
la parola, dice: “Grazie
anche a Benedetta per aver condiviso la sua vita e la sua testimonianza. (...) Benedetta, tu ci hai
parlato di come il Signore ti ha
attratto per mezzo della bellezza. È stata la bellezza di un’immagine
della Vergine che, con il suo sguardo speciale, è
entrata nel tuo cuore e ha suscitato il desiderio di conoscerla di più: Chi è
questa donna? Non sono state le parole, o le idee astratte o i freddi
ragionamenti.
Tutto è iniziato da uno sguardo, uno sguardo bello che ti ha
affascinato. Quanta sapienza nascondono le tue parole! Ridestare alla bellezza, ridestare alla meraviglia, allo stupore
capace di aprire nuovi orizzonti e di suscitare nuovi interrogativi”.
L’Immacolata: “Tutta bella sei Maria”
Per secoli i
cristiani hanno cantato all’Immacolata l’antifona “Tota pulchra”: Maria, sei
bellissima! Oggi è raro sentir cantare questa lode a Maria. Peccato! Va a
finire che ci dimentichiamo della sua bellezza. Lei è il fiore purissimo spuntato dal fango della nostra umanità.
Quante cose brutte,
volgari, violente, o anche semplicemente insipide, infangano la nostra
esistenza quotidiana, ingenerando paure, angosce, depressioni. Avremmo bisogno
di rifarci gli occhi e il cuore con cose belle. Per questo avremmo bisogno di
guardare all’Immacolata. Siamo ingolfati nelle nostre brutture, cattiverie,
sciatterie, ma lei, figlia nostra, carne della nostra carne, è bellissima. In lei ci sentiamo riscattati e ci rinasce
la speranza.
La “Tutta bella”,
come la canta la Chiesa d’Occidente proclamandola Immacolata, è anche la “Tutta
santa”, Panaghia, come la canta la Chiesa d’Oriente.
Se sapremo fermarci a
contemplare la bellezza di Maria, bella perché senza peccato e tutta e solo
amore, verrà spontaneo confessare i nostri peccati per esserne liberati e
diventare come lei tutti e solo amore. Se sapremo riconoscerla nella sua
trasparenza, libera da tutto per fare spazio a Dio, anche noi vorremo avere in
cuore soltanto l’amore e così essere staccati da tutto per avere Dio come
nostro unico bene.
Quello che Dio ha fatto in Maria può farlo anche in noi;
l’ha fatto in lei per farlo in noi. Lei è stata preservata dal peccato, noi
possiamo essere perdonati dal peccato e resi immacolati dal suo amore
misericordioso.
Un innamorato
dell’Immacolata, Giovanni Paolo II,
commentando il testo dove Paolo dice che siamo scelti da Dio per essere santi e
immacolati, afferma: «Esser immacolati!
Ecco l’ideale cristiano. E noi oggi festeggiamo e imploriamo quella
creatura che fra tutte, dopo Cristo (che non è solo creatura, ma anche Dio), ci
si presenta come modello e maestra di immacolatezza (...). Maria ci parla di
una vittoria totale sul male, per cui, mettendoci al suo seguito - e perciò al
seguito di Cristo -, noi possiamo sperare di esser totalmente purificati dal
peccato e di diventare anche noi “santi” e “immacolati”. O Maria (...) insegnaci a credere innanzitutto nella possibilità di una
piena immacolatezza (...). Insegnaci a credere fermamente in questa
possibilità e a perseguirla con coraggio per tutto il corso della nostra vita,
fino al compimento celeste».
Santità e bellezza tornano a coincidere e ognuno di noi
può diventare icona di Dio, trasparenza di Dio per l’altro, una finestra che dà
luce perché tutta luce, come scriveva Pavel Florenskij, un altro innamorato
della bellezza: «una finestra è una finestra in quanto attraverso ad essa si
diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra che ci dà luce è
luce, non è “somigliante” alla luce (…), ma è la luce stessa nella sua identità
ontologica, quella stessa luce indivisibile in sé e non divisibile dal sole che
splende nel nostro spazio».
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