martedì 14 novembre 2017

Quei foglietti modesti densi di verità


























«Ogni giorno con Chiara Lubich. “Parole di Vita” quei foglietti modesti densi di verità”», così Fabrizio Cavallina ha intitolato il suo articolo sul quotidiano di informazione “Faro di Roma”. Nel suo pezzo leggiamo, tra l’altro:

«Chiara Lubich amava commentare il Vangelo su foglietti modesti, scritti con un linguaggio alla portata di tutti. “Parole di Vita”, così è stato chiamato il genere letterario da lei stessa inventato attraverso questi pezzetti di carta. Più che una semplice interpretazione dei Testi Sacri, gli scritti lasciati dalla Fondatrice del Movimento dei Focolari sono uno sprazzo di luce, un impulso a mettere in pratica e vivere la Parola di Dio. “Il fuoco di una lente che concentra su di sé i raggi del Vangelo”, così amava definirsi Chiara Lubich…
Pensieri caratterizzati da una semplicità disarmante, ma che non deve trarre in inganno, come afferma Fabio Ciardi, curatore dell’edizione: “Chiara ha democratizzato il Vangelo in un momento in cui era chiuso dentro le Chiese; lo ha reso fruibile a tutti. Le Parole di Vita sono entrate nelle scuole, nelle carceri, perfino in Parlamento. Ogni Parola invita a vivere l’Amore di Dio. Ogni Parola rimanda all’unità degli uomini, l’ultima cosa che ha chiesto Gesù Cristo al Padre”».

“Ogni giorno”. Sicuramente il giornalista ha intitolato così il suo articolo perché ha ascoltato quanto ho detto in conferenza stampa sulla mia esperienza di “ogni giorno”:

Non sono un gran cuoco, mi piace comunque cucinare. Mentre prepari il pranzo impari a conoscere gli alimenti, i condimenti, la loro lavorazione, i tempi e i modi della cottura… Al momento di servirlo in tavola, sai tutto di quel cibo. Quando però ti siedi e inizi a mangiare è tutta un’altra cosa, gusti finalmente quello che hai preparato ed ha sempre un sapore diverso da come te l’eri immaginato cucinandolo.
Così è stato per il libro di Chiara Lubich, Parole di Vita. L’ho preparato con cura, conoscendone piano piano tutti gli ingredienti. Una volta consegnato all’editore ho pensato che fosse giunta l’ora di iniziare a leggerlo senza più la preoccupazione del lavoro. Il 22 agosto ho così ripreso in mano il libro pensando: sono circa 350 Parole di Vita, se ne leggo una al giorno mi accompagneranno per un anno intero. Ho iniziato la lettura e ho fatto quello che scriveva Chiara in uno dei suoi primi commenti del 1948 quando, parlando della Parola di Vita vissuta nel mese precedente, affermava: «La gustammo, la vivemmo il più possibile…». La prima azione nell’accogliere la frase evangelica proposta per il mese non è dunque leggerla con attenzione, studiarla, meditarla, pregarla, neppure viverla, è: “gustarla”. Dal 22 agosto mi sto gustando le Parole di Vita, una ad una, e sprigionano un sapore inimmaginato.
Ho capito che per vivere la Parola di Vita occorre premettere un atto di contemplazione, gustarne la bellezza, prendere coscienza che è Dio stesso che si rivolge a noi con amorevole condiscendenza, desideroso di avviare un dialogo di salvezza. Solo allora, quando la si è accolta come autentica Parola di Dio che ci parla, si può sperare di viverla e ci si lascia vivere da essa.

L'Avvenire dedica una pagina intera all'evento. Nell'articolo di Marco Roncalli tra il resto si legge:
«La Parola di Vita era il collante della nuova comunità nascente, che andava rapidamente diffondendosi in Italia» oltre a rivelarsi «un metodo efficace di evangelizzazione, come Chiara affermerà più tardi ricordando quei primi tempi», osserva padre Ciardi nel suo saggio introduttivo (quasi un libro nel libro), suggerendo poi le sue chiavi di lettura o i modi con cui sostare su queste pagine.

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