Quest’anno,
il venerdì santo, ho seguito la via crucis nella basilica di santa Croce in
Gerusalemme. È uno dei luoghi più raccolti di tutta Roma, dove si può davvero
pregare.
Così
ho deciso di tornarvi con calma anche nel pomeriggio del sabato santo.
Il palazzo
Sessorio all’Esquilino, residenza imperiale, fu lasciato da Costantino alla
mamma al momento di spostare la sede dell’impero a Costantinopoli. Gli scavi
archeologici dei dintorni, assieme alle più tardive mura aureliane, creano un’atmosfera
magica e lasciano intravedere la gloria dell’antica Roma.
Dopo
il viaggio a Gerusalemme, dove rinvenne la santa croce, l’imperatrice Elena fece
costruire nel suo palazzo una cappella per contenere le reliquie. Sotto il
pavimento sparse la terra del calvario che aveva portato con sé. Nasceva così il
primo nucleo nella basilica Eleniana, poi basilica di santa Croce in
Gerusalemme.
Gli
affreschi del 1500, di Antoniazzo Romano, che avvolgono l’abside, raccontano
del ritrovamento della croce e delle vicende ad esso legate. È un romanzo e un
capolavoro dell’arte.
La cappella
sotterranea di sant’Elena, con i suoi mosaici, è uno dei gioielli di Roma. La
statua dell’imperatrice è un’antica statua romana della dea Giunone a cui è
stata cambiata la testa e il braccio che ora regge la croce. Per una delle
tante assurdità della storia, la cappella, che pure era stata fatta costruire
da una donna, era interdetta alle donne, pena scomunica; potevano visitarla
soltanto il 20 marzo. Il divieto è stato tolto il 20 marzo 1935.
Dal
1930 le reliquie della passione portate dall’imperatrice sono nella Cappella
delle Reliquie appositamente costruita. Comprendono pezzi del legno della Croce,
un chiodo, due spine della corona, parte dell'iscrizione di Ponzio Pilato in latino,
ebraico e greco, "Gesù di Nazareth re dei giudei", a cui si sono
aggiunti frammenti della colonna della flagellazione, la spugna imbevuta d'aceto
usata per dissetare Gesù ed uno dei 30 denari di Giuda. C’è anche il dito di san Tommaso apostolo e un
pezzo della croce di Disma, il buon ladrone… Dal 2002 si è aggiunta una copia
fedele della Sindone.
Reliquie vere? Domanda superflua. Sono un appello
a rivivere il grande mistero dell’amore più grande e una risposta al bisogno di
toccare, di vedere: siamo un po’ tutti come san Tommaso…
La basilica invita a immergersi nella purezza
dell’arte, dai primi secoli cristiani fino al Novecento, a godere della
bellezza; un invito a entrare in comunione con le generazioni di credenti che
sono venuti qui in pellegrinaggio, in una tradizione ininterrotta e sentirsi
parte di un popolo; e nasce il desiderio di tornare alle origini della nostra
fede con la semplicità dei bambini e riviverle con la forza dei martiri.
Ed ecco la mia meditazione del Sabato Santo
Come
avranno vissuto questo giorno gli apostoli?
Quando
Gesù aveva parlato loro della sua risurrezione, il Vangelo annota espressamente
che non capivano: “Si domandavano l’un l’altro cosa significasse risorgere dai
morti”.
Quel
giorno di sabato a tutto pensavano meno che alla possibilità che il Maestro
potesse risorgere.
Non
soltanto era morto, era stato addirittura sepolto.
Una
volta sepolto non c’è proprio più alcuna speranza. Tutto finito. Ci mettiamo
una pietra sopra!
Erano
delusi e tristi come lo erano i discepoli che torneranno a Emmaus il giorno
seguente.
Delusi:
“Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”; “sciocchi e tardi di cuore
nel credere”.
Tutto
avrebbero pensato, meno che sarebbe finita in quella tragedia irreparabile. Un’illusione
naufragata in un fallimento totale.
Tristi:
“Col viso triste”, tristi da morire.
Pietro
s’era azzardato a seguire il Maestro fino alla casa di Caifa, e l’aveva rinnegato.
Giuda
s’era impiccato.
Giovanni
lo aveva seguito fino ai piedi della croce, l’unico, ma anche lui dovrà
aspettare il terzo giorno per credere.
Per
il resto diserzione completa.
Chissà
dove e quando si sono ritrovati dopo la dispersione?
Certamente
non nell’orto degli ulivi, nella grotta presso il frantoio, dove erano soliti
recarsi durante i loro soggiorni a Gerusalemme; troppo rischioso, ormai le
guardie del tempio conoscevano il luogo. Tante meno Betania, dove Lazzaro era
ricercato per essere ucciso. Forse, senza essersi dati appuntamento, si
diressero al cenacolo, luogo scoperto appena la sera prima, ignoto agli altri, e
quindi più sicuro. Saranno tornati uno dopo l’altro, mogi mogi, a testa bassa.
Si saranno scambiati le notizie sentite o saranno rimasti in silenzio, pieni di
vergogna e di sgomento, guardandosi con occhi pieni di interrogativi e di
lacrime.
E
Gesù, come ha vissuto questo giorno?
In
piena attività, quella del chicco di grano che sotto terra, in silenzio,
germoglia per dare vita alla spiga; quella del lievito che sta fermentando la
pasta; quella del sale che si scioglie per dare a tutto sapore.
Cominciando
dagli inferi…
E
Maria, come ha vissuto questo giorno?
Dopo
avere accolto in grembo Gesù, una volta deposto dalla croce, se l’è visto
portare via, mentre tra lui e lei veniva fatta rotolare una grossa pietra, come
una barriera invalicabile che separa i morti dai vivi.
Lei
non sa come, non sa quando, ma sa che risorgerà.
È la
sola che conosce chi è veramente suo figlio.
Dio
glielo ha chiesto, lei glielo ha dato, ora sa che gli verrà restituito.
È
Vergine come mai lo era stata, staccata da tutto, anche dal figlio, il suo Dio.
Era tutto
per lei, ora che l’ha dato, lei è niente.
Non
sa come, non sa quando, ma sa che lo riavrà di nuovo, in una Maternità feconda
come mai prima d’allora.
È
l’unica che crede, che spera, perché l’unica che continua ad amare veramente.
Ora
ama Giovanni, il figlio che suo figlio le ha dato, e da lui si lascia
accompagnare verso il cenacolo. Nella stanza superiore troverà i discepoli che
tornano, uno dopo l’altro, dopo che lo scandalo li ha divisi. Non dirà loro
nulla, Li accoglierà e li amerà uno per uno: sono i suoi figli, quelli che il
figlio le ha generato, e una mamma non giudica. È la Madre della misericordia.
È
l’unica che crede, che spera, perché l’unica che continua ad amare veramente.