Questi
giorni qualcuno mi ha detto che il capitolo più disatteso della Lumen gentium è il quinto, quello sulla “Universale
vocazione alla santità”. Si parla in mille modi della Chiesa, ma forse si
dimentica la sua natura più profonda – partecipare e vivere la santità di Dio –
e la sua finalità ultima – portare alla santità, ossia favorire l’incontro e la
comunione tra Dio e noi, tra noi e Dio (solo grazie a questo, tra l’altro, è
possibile l’incontro e la comunione degli uomini tra di loro).
Sarà
per questo, fatto sta che questa mattina alla Messa mi ha colpito in modo
particolare l’inizio della seconda preghiera eucaristica: “Padre veramente
santo, fonte di ogni santità”.
Tutto
nasce da lì, anche il Figlio, “il Santo di Dio”, anche lo Spirito “Santo”.
“Santo,
Santo, Santo”: Dio, il tre volte santo.
A
noi sembra già tanto essere buoni, eppure già nel libro del levitico si legge l’appello
di Dio: "Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono
santo" (Lv 19, 2).
Ho
pensato anche al programma che sant’Eugenio de Mazenod ha affidato ai suoi
missionari: “rendere gli uomini prima ragionevoli, poi cristiani e infine
aiutarli a diventare santi”.
Quando
commentiamo questo testo, che tanto ci piace e che è così ispiratore per la
nostra missione, poniamo soprattutto l’accento sul primo obiettivo,
ricordandoci quanto sia importare andare incontro alla persona in tutta la sua
concretezza e lavorare sulla maturità umana. Parliamo certamente anche del
secondo aspetto, strettamente legato all’evangelizzazione. Ma il terzo
traguardo è per lo più sottaciuto, e invece è proprio il compimento della
missione.
Sarà
per questo che ogni giorno, nella mia preghiera, chiedo sempre la
santificazione di quanti sono affidati alla nostra cura pastorale.
Sant’Eugenio
ricorda anche che, per portare tutti alla santità, gli Oblati “Devono lavorare seriamente a diventare santi;
percorrere coraggiosamente le stesse strade di tanti operai del Vangelo”. Santi
coi santi.
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