lunedì 23 gennaio 2017

Aiutare a diventare santi: compimento della missione



Con l’occasione dell’inaugurazione della Cattedra di studi Oblati ho proposto un nuovo campo di ricerca e di studio. Il mio suggerimento ha preso avvio da una delle frasi più celebri di sant’Eugenio, tratta dalla Prefazione alle Costituzioni e Regole: Dobbiamo «rendere gli uomini prima ragionevoli, poi cristiani e infine aiutarli a diventare santi». È un testo ispiratore per la nostra missione, il programma che il Fondatore ha affidato ai suoi missionari.

La Chiesa ha riconosciuto la santità di 24 membri dell’Istituto. Ne ringraziamo Dio!
Nella Congregazione c’è un’istituzione preposta allo studio della vita degli Oblati che hanno raggiunto la santità. La Regola 149c afferma: «Il Postulatore generale, in sintonia con il Superiore generale, lavora per far conoscere meglio gli Oblati che hanno illustrato la storia dell'Istituto con una testimonianza eccezionale di santità; … che possono essere modelli non solo per la Congregazione, ma anche per tutta la Chiesa».
È un vasto campo di ricerca e di studio nel quale tanti Oblati si sono esercitati: abbiamo centinaia di biografia dei nostri missionari e tanto ancora si può fare in futuro.

La Regola non prevede tuttavia che il Postulatore investighi sulla santità dei popoli a cui i missionari hanno annunciato la parola del Vangelo. Su questo si è fatto pochissimo, quasi niente. Sappiamo quali sono i frutti della nostra missione? Conosciamo le istituzioni ecclesiastiche ed ecclesiali alle quali gli Oblati hanno dato vita, le opere sociali. Gli studi storici si focalizzano soprattutto su questo: fondazioni di missioni, parrocchie, santuari, diocesi, giornali, radio, scuole, università… In una parola, le opere degli Oblati. Ma quali sono i frutti di queste opere? Oltre a diventare ragionevoli e cristiane, abbiamo aiutato le persone affidate al nostro ministero a diventare sante?

Sono stati riconosciuti beati un uomo, Candido Castán San José, che lavorava con gli Oblati in Spagna, ucciso con loro durante la guerra civile, e un catechista, Paolo Thoj Xyooj, che lavorava con Mario Borzaga in Laos. Abbiamo una bella biografia di Louis Edmond, che ha lavorato con padre Lelièvre e gli Oblati a Québec. Che altro ancora sappiamo dei singoli laici, delle comunità cristiane che abbiamo fatto nascere e che abbiamo accompagnato nel cammino di vita evangelica?
Qual è stato il cammino delle nostre comunità cristiane, fatto di prove e di gioie, di luci e ombre, di difficoltà e di slanci…?
La santità degli Oblati dovrebbe riflettersi nella santità della loro gente.
Potremo riformulare la Regola 149c chiedendo che ci lavori anche per far conoscere meglio i nostri laici che hanno illustrato la storia dell'Istituto con una testimonianza eccezionale di santità e che possono essere modelli per tanti…
Per conoscere a fondo la nostra identità dovremmo conoscere i frutti di santità del nostro lavoro missionario.
Non potrebbe essere questo un nuovo vastissimo inesplorato campo di ricerca e di studio?


Nessun commento:

Posta un commento