Anche
questa sera, a via dei Prefetti, incontro sulla Parola di vita. Un incontro
semplice, senza pretese. 7 persone, quando basta!
Le
esperienze condivise ci hanno confermato quanto la Parola, se vissuta,
trasforma.
Tra l’altro
era con noi la maestra dei bambini le cui esperienze sono state pubblicate all’inizio
del commento della Parola di vita di questo mese. Ci ha raccontato come spiega
loro la Parola vita e come li aiuta a viverla e a condividerne le esperienze.
Da parte
mia, oltre a raccontare del mio viaggio in Asia (con la proiezione di tante
foto) ho ricordato che parola di vita significa, prima di tutto, parola che dà la
vita, che fa vivere. Oggi però ho sottolineato l’altro significato: Parola di
vita = parola da vivere.
Essa domanda
la piena adesione, il totale abbandono a quanto Dio in essa manifesta.
Innumerevoli volte, sia dall’Antico come dal Nuovo Testamento, ci viene
ripetuto l’invito: «Ascolta la parola del Signore».
Il
comando: «Ascolta» (in ebraico: shema’), introduce i tratti fondamentali
della fede di Israele, così come i consigli della letteratura sapienziale.
Essa apre
la preghiera quotidiana di ogni ebreo credente: «Ascolta Israele...» (Dt 6,
44).
È
ripetuta dai profeti: «Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e
voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò,
perché siate felici» (Ger 7, 23).
(Vivere la Parola rende dunque felici! Solo per questo varrebbe la pena viverla!)
È
suggerita dai saggi d’Israele: «Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni
giorno alle mie porte, per custodire attentamente la soglia» (Prv 8,
34); «Ascolta, figlio mio, e sii saggio e indirizza il cuore per la via retta» (Prv
23, 19).
«Ascoltare»
è una delle parole che maggiormente ricorrono nell’Antico Testamento: ben 1153
volte.
«Ascoltatelo»
è anche l’invito che il Padre rivolge ai discepoli nei confronti del Figlio
suo, Parola pronunciata da tutta l’eternità (cf. Mt 17, 5).
Gesù stesso
sa che le sue pecore ascoltano la sua voce e lo seguono (cf. Gv 10,
16.27).
Ed è noto
che in ebraico e in greco si usa lo stesso termine per ascoltare e obbedire. Per
cui, nel linguaggio biblico, ascoltare significa aderire interamente, obbedire,
adeguarsi a quanto Dio ci dice, con la fiducia di un bambino che si abbandona alle
braccia della mamma e si lascia portare da lei.
È un
ascolto fatto più col cuore che con le orecchie. La parola di Dio deve infatti
essere tenuta «fissa nel cuore» (Dt 6, 6). Essa non è nel cielo, troppo
in alto per essere raggiunta. Non è al di là del mare, troppo lontano. No:
questa Parola «è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore perché tu
la metta in pratica» (Dt 30, 11-14).
La
lettera di Giacomo ammonisce: «Accogliete con docilità la parola che è stata
seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono
in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi» (Gc 1,21-25).
Non basta
dunque ascoltare, leggere, studiare le Scritture. Non basta neppure meditarle o
pregarle. Occorre tradurle in vita, in piena coerenza con l’insegnamento
evangelico: il buon ascoltatore della Parola è colui che la mette in pratica
(cf. Mt 7, 24).
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