L’11 dicembre 2016, giorno della beatificazione dei martiri del Laos, Papa Francesco all’Angelus ha ricordato «Paolo Thoj Xyooj, fedele laico catechista e quattordici compagni uccisi in odio alla fede. La loro eroica fedeltà a Cristo possa essere di incoraggiamento e di esempio ai missionari e specialmente ai catechisti, che nelle terre di missione svolgono una preziosa e insostituibile opera apostolica, per la quale tutta la Chiesa è loro grata. E pensiamo ai nostri catechisti: tanto lavoro fanno, un così bel lavoro! Essere catechista è una cosa bellissima: è portare il messaggio del Signore perché cresca in noi. Un applauso ai catechisti, tutti!».
Il giovane Paolo Thoj Xyooj, di origine hmong, catechista di padre Mario Borzaga, era poco noto, anche se nel diario di padre Mario il suo nome torna più volte. Quando scomparve nella foresta aveva 19 anni. Nel 1957, a 16 anni, era entrato nel seminario di Paksane, che presto lascio per motivi di salute. Tornato nel suo villaggio natale di Kiukatian, si pose a servizio dei missionari come catechista zelante e disponibile, insegnando il cristianesimo. Grazie a lui furono ottenute molte conversioni. Gli ultimi tre mesi era accanto a padre Mario a Kiukatian.
Quasi sconosciuto agli italiani, il catechista era invece rimasto nel cuore della sua gente. Padre Angelo Pelis, già missionario nel Laos e poi incaricato di raccogliere la documentazione per la causa di beatificazione, identifica una sua foto, permettendo così di dare un volto a Paul Thoj Xyooj, un bel giovane sorridente. La diffonde tra i Hmong che in questi anni hanno lasciato il Paese e si sono stabiliti in Thailandia, Francia, Stati Uniti... A tutti fa sapere la volontà di lavorare perché venga riconosciuta la santità di questo figlio della loro terra. «Uno di noi santo?». L’interesse si fa fortissimo e finalmente, chi sapeva comincia a parlare.
Una dopo l’altra, varie testimonianza tracciano il profilo del catechista: «Sono convinto che Xyooj è morto a causa della sua fede» racconta un giovane di allora. «Insegnava la fede senza altri fini. Era puro. Ha dato la vita per l’ideale che viveva. La zona dove sono scomparsi era molto pericolosa, lo sapevano con certezza, ma vi sono andati ugualmente per compiere la loro missione... Xyooj ha attuato in tutto il Vangelo che insegnava. Il suo sangue e quello di padre Mario è stato versato per Dio».
I nipoti di Xyooj hanno riferito quello che raccontava loro il padre, fratello maggiore del catechista: «Nostro padre ci diceva che da quando il missionario era venuto ad annunziare il Vangelo al villaggio, suo fratello minore, Xyooj, si era innamorato del Vangelo. Lo zio Xyooj amava grandemente la religione e per questo andava con il padre ad annunziarla e a insegnarla da un villaggio all’altro, ovunque il padre andasse... Nostro padre ci ripeteva che lo zio amava veramente la religione e amava andare sempre ad aiutare il missionario nei suoi giri apostolici. Questo è il solo motivo per il quale i comunisti l’hanno preso e fatto sparire».
Altri ancora testimoniano la stessa passione per la fede del catechista, e la consapevolezza della possibilità di martirio: «Xyooj parlava sovente della morte per causa della dottrina del Cielo. Diceva che, per le sofferenze che subiremo - perché ci perseguiteranno
a causa della nostra fede -, il giorno in cui il Signore ci chiamerà andremo in Cielo».
Entrambi morti per la fede, l’uno accanto all’altro, nel medesimo giorno. Entrambi proclamati insieme beati.
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