Alcuni Magi vennero
da oriente… Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si
prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono
oro, incenso e mirra. (Mt 2, 1-12)
Il rapporto con Gesù lo si può vivere in termini di amicizia (“Non vi
chiamo più servi, ma amici”), d’amore sponsale (“I miei discepoli non possono
digiunare finché lo Sposo è con loro”).
Eppure egli è Dio e davanti a Dio, come i magi, ci si prostra in adorazione.
Un bambino eppure va riconosciuto per quello che è? Dio, immensa grandezza,
santità incomparabile, creatore del cielo e della terra.
Adorare; il verbo greco rimanda al gesto del curvarsi,
dell’inginocchiarsi. A me piace pensare alla derivazione latina del verbo, che
indica il gesto di portare le dita alla bocca – ad os – per mandare con
la mano un saluto, un bacio alla persona venerata.
Adorazione: un bacio di gratitudine e d’amore a te che ci ami e ci hai
creato e ci colmi di vita; “un’estasi d’amore”, come la definisce Elisabetta
della Trinità, “amore suscitato dalla bellezza, della forza, dalla grandezza
immensa di Dio”; un abbraccio, come quello delle donne del mattino di Pasqua
quando si avvicinarono a te, ti abbracciarono i piedi e ti adorarono.
Ma l’adorazione non si esaurisce in un sentimento, anche se espresso
con l’atteggiamento del corpo, quello più consono a dire l’amore. I magi “lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra”. L’adorazione si fa dono. È naturale mostrare la gratitudine, la
riconoscenza con un dono.
Quale il dono che oggi ti aspetti da noi? Non hai bisogno di oro,
incenso e mirra, ma vuoi noi stessi, il dono di sé. Riconoscerti come vero e
unico Dio, a tutto e tutti anteporti, unico bene, il solo bene, tutto il bene:
ecco la nostra adorazione e il nostro dono.
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