Il nostro incontro di religiosi a
Roveré oggi ha accolto il Segretario della Congregazione per i religiosi, l’arcivescovo
Josè Carballo. Abbiamo avuto un incontro fruttuoso, nel quale l’arcivescovo ha rilevato
dieci sfide alla vita consacrata oggi, a cui è seguito un profondo dialogo.
Qual è il momento che sta vivendo la
vita religiosa oggi? si è chiesto all’inizio della sua conversazione.
È
un tempo di crisi, nel senso proprio di questo termine; tempo di decisioni;
si impongono dunque scelte coraggiosi, da cui dipende il nostro futuro; si
tratta di saper leggere i segni dei tempi e cogliere le opportunità che lo
Spirito offre.
È
una stagione d’inverno, che non equivale a stagione di morte, anche se non
ci sono né foglie né fiori; il calo numerico è evidente come l’invecchiamento...
Eppure l’inverno è la stagione dell’anno nel quale la natura lavora
maggiormente, ma alle radici, nascostamente, per preparare il nuovo; è un
invito a lavorare sugli aspetti essenziali della vita consacrata, ad andare in
profondità.
È dunque il tempo dei profeti.
Le dieci sfide alla vita consacrata
sono state così enunciate:
1. Dare maggiore rigore alla vita consacrata: sequela appassionata di
Cristo, discepolato, Vangelo come regola di vita… Tornare a Gesù, al Vangelo,
all’essenziale. Persone segnate dalla realtà del Vangelo, della carne di Cristo
che si incontro nei poveri; appassionate dalla missione, smettendo di essere
parroci di seconda categoria; animati da una spiritualità seria, di profonda interiorità.
Questo è quanto dà vigore e significato alla vita consacrata.
2. Ristrutturare per rivitalizzare. Rivisitare le strutture. Si
rischia di vivere per le strutture: quella scuola, quella chiesa, quell’ospedale.
Quest’opera è a servizio della missione carismatica o noi siamo a servizio dell’opera?
siamo capaci di portarla avanti? Occorre discernimento.
3. Contemplare e ascoltare Dio nel grido dei poveri. Papa Francesco ci
ha ricordato l’opzione preferenziale per i poveri, ha ridato loro voce. Non c’è
carisma che non sia nato per i poveri. La cultura attuale è invece quella della
loro esclusione, del rifiuto. La sfida è diventare poveri come, con, per i
poveri. Da qui l’invito ad andare verso le frontiere esistenziali e le “periferie
del pensiero”, dove si elabora la cultura (così papa Francesco la prima volta
che ha parlato di periferie – ai superiori generali). Ritrovare quindi la
capacità di dialogo e di proposta con la cultura.
4. Creare fraternità e suscitare speranza. Manca ancora il passaggio
dalla comunità alla fraternità. Occorre una spiritualità di esodo, da una vita
in comunione a una comunità di vita, da strutture che rendono infantili a fondamenti
che formano persone adulte, dall’uniformità alla comunione nella diversità, dalla
trincea al campo aperto. Di qui l’impegno sociale, la missione… Si presuppone formazione
umana, capacità di comunicazione in profondità (quello che facciamo, pensiamo,
sentiamo).
5. Umanizzarci per poter umanizzare. Essere più umani.
6. Passare dal protagonismo al servizio. Il modello di Chiesa che
offre papa Francesco sta cambiando. “Chi vuole avere potere nella Chiesa, serva”,
ha detto il papa. Anche le opere sono a servizio del prossimo o dell’Istituto?
7. Una vita e una missione condivisa con i laici. Due tentazioni: strumentalizzare
e manipolare, affidando loro le opere che i religiosi non possono portare; delegare
ai laici quello che compete ai religiosi. I laici hanno diritto a partecipare
al carisma, ma senza essere strumentalizzati.
8. Evidenziare e aprirsi alla inter-congregazionalità, alla collaborazione
e condivisione senza perdere la propria identità. Occorre innanzitutto affermare
l’identità, una “identità itinerante”, data da tutto il cammino storico del carisma,
dalle origini ad oggi, rendendola attuale: rileggere i carismi secondo le
necessità attuali. Inoltre occorre una identità in dialogo con gli altri, una “identità
comunicante”: comunione tra carismi per accogliere e ricevere.
9. Rileggere la vita consacrata a partire dal mondo globale digitale. È
una realtà da cui non possiamo sfuggire. Il mondo digitale deve entrare dove deve
entrare e non entrare deve non deve.
10. Ascoltare le nuove antropologie e i nuovi modi di pensare. Non c’è
una cultura unica, un'unica visione della realtà… Tornare ad uno sguardo
cordiale verso la cultura postmoderna e percepire le sfide da questa cultura,
disposti ad evangelizzarla.
Abbiamo avvertito la proposta di una
vita consacrata a tutto tondo, integrale, realista, capace di coinvolgerla nelle
sua dimensioni molteplici: umana, culturale, spirituale, fraterna, apostolica…
è quanto cerchiamo di vivere: i nostri incontri tra religiosi di tanti istituti
mi sembra siano in questa linea.
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