La grotta dell’Annunciazione ci ha
letteralmente galvanizzati. Ieri sera e questa mattina più volte siamo stati lì
a pregare, insieme, da soli, a due a due, a gruppetti. Ma è avvenuto proprio
qui l’annuncio dell’angelo? Un’altra tradizione colloca l’evento alla fontana
del villaggio. Così dopo cena ci distinguiamo: un gruppo alla chiesa dell’Annunciazione
per la grande processione dei cattolici attorno alla basilica, un altro gruppo
alla fontana della Madonna per la festa dell’Assunzione che i greci ortodossi a
Nazaret celebrano proprio adesso. Davvero Maria ci ha accompagnato dall’inizio
alla fine di questo viaggio: con lei sui passi di Gesù.
Nella
chiesa della fontana (la fontana è in fondo ad una scala di pietra) un
baldacchino di fiori bianchi custodisce Maria che dorme il sonno della morte,
nell’attesa dell’Assunzione del suo corpo. Giungiamo al termine della
celebrazione presieduta dal patriarca. Ci avviciniamo anche noi per baciare
l’icona delle Dormiente.
Intanto fuori, sulla piazza, si sono
radunati i cristiani ortodossi per cantare le lodi di Maria e danzare in suo
onore. Al suono di tamburi e cornamuse e sulle note di una nenia gridata a
squarciagola, un uomo improvvisa le parole più dolci rivolte alla Madonna,
ripetute da tutti in una cantilena festosa. Tra l’altro le dice (così ci
traduce dall’arabo la nostra Mirvet): “Dall’Oriente e dall’Occidente, dal Nord
e dal Sud, tutti vengono a lodarti”… parla di noi!
Ad un dato momento gli uomini
prendono sulle braccia il patriarca e lo portano in trionfo in giro per la
piazza a passi di danza, per esprimere l’incontenibile gioia.
Siamo proprio a Nazaret, dove il
cielo ha toccato la terra e dove Gesù ha vissuto gli anni della sua giovinezza
assieme alla Madre. Non è questa l’attrattiva del tempo moderno, anzi, di tutti
i tempi?
«Gesù e Maria:
il Verbo di Dio, figlio d’un falegname;
la Sede della Sapienza, madre di casa».
Questa mattina, prima di partire, mi
reco nell’antico monastero delle Clarisse, dove per tre anni Charles de Foucauld ha vissuto nel
nascondimento come Gesù e dove è nata la sua spiritualità incentrata sul
nascondimento di Nazaret. Oggi, nel piccolo monastero, non ci sono più le
Clarisse, ma i figli di Fratel Charles, i Piccoli Fratelli, che ne custodiscono
la memoria.
«Abito in una casetta solitaria –
scriveva a suo cognato il 25 novembre 1897 – situata in un recinto appartenente
alle Suore di cui sono il fortunato servo; sto là, tutto solo, ai margini della
cittadina; da un fianco è la clausura delle Suore, dall’altro la campagna,
campi e pendii: è un eremo delizioso, perfettamente solitario. Mi alzo quando
il buon angelo mi risveglia e prego e medito fino all’Angeus… All’Angelus vado
al convento francescano, là scendo nella grotta che faceva parte della casa
della Santa Famiglia (questa casa era addossata alla roccia e formata in parte
da una piccola costruzione esterna; la costruzione esterna è a Loreto: la parte
scavata nel macigno è qui)… resto lì fino verso le sei del mattino dicendo il
mio rosario e ascoltando le Messe che vengono dette in questo luogo sì
adorabilmente Santo in cui Dio s’incarnò, in cui risuonò per trent’anni la voce
di Gesù, di Maria e di Giuseppe; è profondamente dolce guardare queste pareti
di pietra sulle quali si sono posati gli occhi di Gesù e ch’Egli toccava con le
sue mani».
Presto, il 1 dicembre, celebreremo
il primo centenario del suo martirio.
Da Nazaret al monte Tabor, che si staglia sulla fertile assolata pianura. Da
lassù si stende uno sguardo pieno di luce, riflesso di quella che brillò sul
volto di Gesù in quella notte di grazia.
Era notte o era giorno quando, in
preghiera sul monte, Gesù si trasfigurò? I vangeli non lo dicono. Se era
giorno, il suo splendore offuscò la luce del sole. Se era notte, la sua luce
dissipò le tenebre.
Doveva essere notte, perché di notte
era solito ritirarsi a pregare, quando i discepoli, come più tardi nell’orto
degli olivi, venivano sopraffatti dal sonno.
Le tenebre ricoprivano la terra. Le
stesse tenebre che in pieno giorno, quando fu innalzato sulla croce, avvolsero
tutta la terra. Ed è proprio di quel giorno che diverrà notte, che Gesù
discorreva con Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti. L’intera Scrittura parlava
di lui e annunciava l’esodo doloroso che lo avrebbe condotto alla morte per
condurre noi dalla morte alla vita. Proprio mentre ne parlava con Mosè ed Elia,
e percepiva il buio, si accese di luce e fece splendere la notte: la sua notte
non ha più oscurità, annuncio di risurrezione, di esodo compiuto.
Vorremmo che quella stessa luce
taborica avvolgesse costantemente la Scuola Abbà. Questo si rivela proprio come
il luogo della Scuola Abbà, chiamata alla luce. Sarà forse per questo che, dopo
la visita, tutti, senza nessun accordo previo, ci ritroviamo nella parte bassa
della Chiesa, in silenzio, in una grande pace, in una gioia forse simile a
quella che aveva avvolto Pietro, Giacomo e Giovanni… Non ci saremmo più mossi
da lì.
E invece eccoci di ritorno. Il
nostro pellegrinaggio è terminato, dopo una settimana nella quale il tempo si è
annullato.
Riparto senza rimpianto né ostalgia,
tanto grande è la pienezza sperimentata. Compimento!
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