Ogni luogo è luogo del Signore, ma quando egli si è incarnato, ha scelto
una terra specifica: la Galilea, con le sue città e villaggi: Nazareth, Cana,
Cafarnao, Magdala, con il lago di Tiberiade e le sue colline; la Decapoli, la
Samaria, i territori di Tiro e Sidone; la Giudea, con Gerusalemme, Betlemme,
Gerico. Nomi che abbiamo imparato a conoscere leggendo il Vangelo e che ci sono
diventati cari anche senza averli visti. È la Terra Santa, “il quinto
Evangelo”, come l’ha chiamata con espressione felice Ernest Renan.
Con l’ascensione al Cielo Gesù ha lasciato per sempre la sua terra. Non
occorre più andare in Terra Santa per incontrarlo. Eppure egli vi ha impresso
tracce indelebili, che invasioni, guerre e distruzioni non hanno potuto
cancellare. Là ogni pietra, ogni colle, ogni orizzonte parla di lui. Lo hanno
presto compreso i cristiani che, fin dai primi secoli, vi si sono recati in
pellegrinaggio. Di alcuni di loro abbiamo i diari di viaggio, come quello
famoso di Egeria, del IV secolo, o quello dell’anonimo pellegrino che vi giunse
nel 333 partendo da Bordeaux. Perché si mettevano in cammino affrontando viaggi
tanto perigliosi? Da cosa erano spinti? Dal desiderio di vedere i luoghi di
Gesù, camminare sui suoi passi, ammirare i panorami che i suoi occhi hanno
guardato, comprendere meglio, da vicino, dal di dentro, la sua vicenda umana,
nella speranza di rivivere il suo cammino.
Lo stesso desiderio che in questi giorni ha spinto noi a tornare in Terra Santa
Dio si è lasciato incontrare in quella terra prima da Abramo, da Mosè, dai
profeti e poi, nella pienezza dei tempi, in Gesù Dio fatto carne, da Maria di
Nazareth, da Giuseppe, dagli apostoli, da Maria di Magdala, dal centurione
romano… Anche oggi Dio si lascia incontrare proprio in quella terra. È
testimonianza di tanti. La Terra Santa continua ad essere sacramento di Dio.
«Come si sente, dappertutto la presenza
di Gesù… – ha scritto Pia Compagnoni, donna innamorata di quella terra che a
tanti ha insegnato ad amare – In ogni luogo lo troviamo ad attenderci, tanto
che sembra impossibile sfuggire a questa presenza. Non è soltanto la presenza
di un Dio dalla cui immensità ti senti abbracciato, nella cui immensità ti
senti perduto; è Gesù-uomo, cioè il fratello, l’amico… La sua presenza ti
stringe come in un abbraccio, ti penetra fin dal più intimo. Egli ti parla e tu
lo ascolti…».
Anche una di noi, Anouk, al termine del nostro pellegrinaggio ha scritto: «Si
sa che Gesù è uomo-Dio, ma forse col tempo finisce per diventare più spirituale
che reale. Qui mi è sembrato di incontrarlo ad ogni angolo di strada, nella
concretezza della sua vita, entrando in quella che sarà stata la sua vita di
uomo in questa terra. Ma non un Gesù di 2000 anni fa, era Gesù vivo oggi. E
quell’uomo ha riacceso la mia ammirazione, mi ha molto impressionata. Anche se
conoscevo la sua vita... prenderne la misura è un’altra cosa».
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