Pietro, Giacomo,
Giovanni. Nell’orto degli ulivi saranno i testimoni del pianto, della
debolezza, dell’implorazione che Gesù rivolge la Padre perché allontani il
calice amaro dei patimenti e della morte.
Sono gli stessi tre
che oggi salgono sul mondo alto, in mezzo alla piana distesa e ridente di
Galilea.
Prima di conoscere
le tenebre del Getsemani conoscono lo splendore del Tabor. Prima di vedere la fragile
umanità di Gesù, ne vedono la sua radiosa divinità.
Soltanto dopo averci
incantato e averci fatto gustare un anticipo di cielo, soltanto dopo averci
mostrato la luce e fatto intravedere la bellezza del suo volto, Gesù può
chiederci di seguirlo. Soltanto allora può domandarci tutto, anche di prendere
la croce, anche il martirio, quello di spada e quello a colpi di spillo,
centellinato giorno per giorno, fatto di ansietà, incertezze, piccoli e grandi
dolori, preoccupazioni, solitudine…
Quando si è
innamorati si possono fare tutte le pazzie e sopportare tutti i martiri. Senza
il Tabor non è possibile affrontare il Golgota.
Quando ti metti alla sua sequela – mi ha scritto un lettore
del blog – sposato, consacrato o altro Lui esige tutto il nostro cuore ed è
capace di fare terra bruciata intorno a noi, ma Lui ha per noi un amore
sublime che nessun altro potrebbe darti, Lui sa come vuoi essere amata perché
ti conosce nell' intimo e un Suo tocco ti ricolma di tutti i vuoti.
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