Eccoci
ancora nella nostra Aix inondata di sole primaverile e di colori, a ricordare gli anni d’oro
di sant’Eugenio.
In
chiesa, in quella Quaresima del 1813, s’erano radunata tutta la servitù della
città e la povera gente. Ma alcuni non potettero partecipare ai sermoni di sant’Eugenio:
i carcerati della prigione che era a pochi passi dalla chiesa. Se essi non
potevano uscire di prigione per andare alla Maddalena, bisognava andare in
carcere da loro.
Si
fece cappellano volontario, come presto raccontò al padre spirituale che da Parigi
continuava a seguirlo con amorevolezza: “I cappellani si contentano di celebrare
messa la domenica e i giorni festivi. Io invece ho preso a istruire i carcerati,
a confessarli e, cosa inaudita, ho indotto molti ad accostarsi spesso alla
Sacra Mensa, con grave scandalo di quanti pensano che i condannati dalla
giustizia non ne siano degni”.
Che
predicasse alle sei del mattino e in lingua provenzale poteva suscitare
disapprovazione, ma che addirittura desse l’Eucaristia ai delinquenti del carcere
costituiva un autentico scandalo. Come si poteva consentire che i rifiuti della
società si cibassero del pane degli angeli, cosa che supponeva la stessa purezza
degli angeli?
La
cosa divenne pubblica per via di Germana.
Il processo a carico di quell’assassina
sciagurata aveva fatto scalpore in città. Fu celebrato a porte chiuse: troppo
efferati i delitti, orribili i crimini, perché il dibattimento potesse essere
seguito dal pubblico. Occorreva una condanna esemplare, l’impiccagione. L’ira e
l’indignazione stavano montando e già ci si preparava all’esecuzione, nella
piazza davanti al parlamento. «Speriamo che il boia metta il cappio di sbieco,
così dovrà soffrire più a lungo», si sentiva gridare. «Voglio vederla sgambettare
e dibattersi come un capretto…».
Eugenio
entrò nella sua cella. Germana era raggomitolata in un angolo, scarmigliata. «Non
voglio preti», gridò. Egli si sedette con calma sullo sgabello, in silenzio. La
guardia aprì finalmente la porta. Il colloquio era durato più a lungo di quanto
fosse consentito. «A domani», disse Eugenio. «A domani», ripose Germana.
Cosa
avvenne in quella cella? Rimane un segreto tra il sacerdote e la donna.
Il
giorno seguente, all’alba, Eugenio entrò nella cella con il pane degli angeli e
comunicò Germana. Uscirono insieme e insieme salirono sul patibolo.
Oggi nell’antico
luogo delle impiccagioni gorgoglia una piccola fontana circondata d’alloro…
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