giovedì 7 aprile 2016

Sant'Eugenio sul patibolo con Germana



Eccoci ancora nella nostra Aix inondata di sole primaverile e di colori, a ricordare gli anni d’oro di sant’Eugenio.
In chiesa, in quella Quaresima del 1813, s’erano radunata tutta la servitù della città e la povera gente. Ma alcuni non potettero partecipare ai sermoni di sant’Eugenio: i carcerati della prigione che era a pochi passi dalla chiesa. Se essi non potevano uscire di prigione per andare alla Maddalena, bisognava andare in carcere da loro.
Si fece cappellano volontario, come presto raccontò al padre spirituale che da Parigi continuava a seguirlo con amorevolezza: “I cappellani si contentano di celebrare messa la domenica e i giorni festivi. Io invece ho preso a istruire i carcerati, a confessarli e, cosa inaudita, ho indotto molti ad accostarsi spesso alla Sacra Mensa, con grave scandalo di quanti pensano che i condannati dalla giustizia non ne siano degni”.
Che predicasse alle sei del mattino e in lingua provenzale poteva suscitare disapprovazione, ma che addirittura desse l’Eucaristia ai delinquenti del carcere costituiva un autentico scandalo. Come si poteva consentire che i rifiuti della società si cibassero del pane degli angeli, cosa che supponeva la stessa purezza degli angeli?
La cosa divenne pubblica per via di Germana. 

Il processo a carico di quell’assassina sciagurata aveva fatto scalpore in città. Fu celebrato a porte chiuse: troppo efferati i delitti, orribili i crimini, perché il dibattimento potesse essere seguito dal pubblico. Occorreva una condanna esemplare, l’impiccagione. L’ira e l’indignazione stavano montando e già ci si preparava all’esecuzione, nella piazza davanti al parlamento. «Speriamo che il boia metta il cappio di sbieco, così dovrà soffrire più a lungo», si sentiva gridare. «Voglio vederla sgambettare e dibattersi come un capretto…».
Eugenio entrò nella sua cella. Germana era raggomitolata in un angolo, scarmigliata. «Non voglio preti», gridò. Egli si sedette con calma sullo sgabello, in silenzio. La guardia aprì finalmente la porta. Il colloquio era durato più a lungo di quanto fosse consentito. «A domani», disse Eugenio. «A domani», ripose Germana.
Cosa avvenne in quella cella? Rimane un segreto tra il sacerdote e la donna.
Il giorno seguente, all’alba, Eugenio entrò nella cella con il pane degli angeli e comunicò Germana. Uscirono insieme e insieme salirono sul patibolo.

Oggi nell’antico luogo delle impiccagioni gorgoglia una piccola fontana circondata d’alloro…


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