La Mariapoli è terminata, si esce da
Villa Borghese e si torna per le strade di Roma. La prima sorpresa è trovare il
pulmino del Gen Verde svaligiato. Roma è anche questa. Ci scoraggia? Ma la
Mariapoli è sorta proprio per questa Roma, con la fiducia di iniettarvi uno
spirito nuovo.
Di nuovo c’è soprattutto l’aver
messo insieme tanti gruppi e associazioni, un centinaio, che già lavorano per
dare una mano alla resurrezione di Roma. Sono iniziative piccole e grandi,
persone che si guardano attorno a si danno da fare. Come quell’amico, di cui Antonia
ha raccontato al papa, che, invitato a mettersi in gioco con la sua
associazione, ha risposto a telefono: «Ma la mia associazione va avanti con la
mia pensione, non abbiamo né loghi né cose del genere».
Eppure c’è chi apre una mensa
familiare per i senza tetto, chi si interessa degli ammalati più bisognosi, chi
aiuta profughi e rifugiati, chi lavora per la legalità, l’ecologia, la politica…
Perché non mettersi in rete per aiutarsi con le competenze, le esperienze? E
chi può farlo meglio del Focolare che ha un carisma proprio per l’unità?
Le piccole iniziative di questi
quattro giorni in Mariapoli sono un segno: i bambini Rom invitati a giocare con
gli altri (poi nel campo tutti hanno voluto vedere le foto, sapere…), le visita
a famiglie di carcerati, i dialoghi su temi formativi e problemi di attualità, la
condivisione di progetti…
Un soffio d’aria fresca e pulita per
questa nostra città, la voglia di impegnarsi, di coltivare i rapporti costruiti
e di farne nascere di nuovi, di lavorare insieme per quell’utopia di un mondo
unito che, dopo questi giorni di esperienza, è un po’ meno utopia e più realtà.
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