In questi giorni ho letto un libro trovato per caso nella biblioteca in Aix, Centotrentadue, scritto dal fecondo Aimé Roche e pubblicato dalle Paoline nel 1970. È il racconto della vita di un grande missionario nel Nord Canada, Emilio Grouard (1860-1931), divenuto vescovo dell’immenso territorio dell’Athabaska-Mackenzie. Mi è piaciuta una pagina delle sue Memorie (Souvenir de mes soixante ans d'apostolat dans l'Athabaska-Mackenzie):
Un giorno un indiano gli dice:
Un giorno, avevo allora 14 o 15
anni, andavo a caccia con il mio arco e le mie frecce. Conoscevo quei boschi e
quei fiumi e quei laghi, perché vi ero passato tante altre volte, e cercavo di
uccidere un po’di selvaggina. Era estate. Quel giorno arrivai sulla sponda di
un lago circondato da alberi bellissimi. Alcune anatre sguazzavano nell’acqua,
il sole splendeva in un cielo senza nubi, in lontananza si ergevano montagne…
delle grandiose montagne! Sostavo ogni tanto per contemplare tutto ciò con un
piacere immenso. Avevo il cuore in festa e non sapevo perché.
A un tratto sentii una scossa nel
mio spirito. Chi ha fatto tutte queste cose? – mi chiesi. – Noi non siamo
stati. Non sono stati nemmeno gli Inglesi, benché siano intelligenti, perché,
in fin dei conti, non sono che uomini simili a noi. Allora trovai. Deve essere
stato qualcuno forte, molto forte, più forte dell’uomo, a far tutto questo!
Io lo sapevo già che queste foreste,
questi laghi, questo sole, non si erano fatti da sé. Non sapevo spiegarmi bene,
ma quando tu ci insegnasti: “Io credo in Dio Padre Onnipotente, Creatore del
cielo e della terra”, allora capii subito e pensai: “Ah! Eccolo! Sapevo bene
che esisteva!”
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