Abitualmente quando vengo ad Aix faccio un salto a Marsiglia per incontrare la comunità del Movimento dei Focolari. Questa volta sono venuti loro da me, a cominciare da quanti abitano qui in città. È stata così l’occasione per poter parlare con loro di sant’Eugenio e dei suoi Oblati, nati qui 200 anni fa. Ho preso l’avvio proprio da Chiara Lubich.
Ero ancora studente di teologia
quando con i miei compagni donammo a Chiara un libretto ciclostilato con alcuni
pensieri sulla vita fraterna, tratti dagli scritti del nostro fondatore. Era
stata lei infatti a metterci in cuore la passione per la Chiesa e un grande amore
per i fondatori.
Pochi giorni dopo ci chiese se
poteva mandare copia di quel libretto a tutti i focolari, sparsi nel mondo. Lo
aveva letto d’un fiato, «come si beve un sorbetto», aggiungeva. Era rimasta
incantata dal nostro Fondatore, allora non ancora beato. «La sua fede nella Chiesa
è come una roccia», aggiungeva. «Pur essendo un grande fondatore, ha molto più
del padre. E si sente in lui un’indubbia influenza mariana: ha un cuore di
Madre. È grande perché ha come idea fondamentale la legge della nuova alleanza,
quella di Gesù. Lo si vede tutto intento a cementare i mattoni della sua opera,
suscitando l’amore reciproco e riversando quel particolarissimo amore che lui
sente per i suoi e che viene da un “cuore di carne”». Chiara aveva capito il
beato Eugenio nel più profondo della sua personalità spirituale.
Ma ciò che più mi colpì allora
furono queste parole di Chiara rivolte a noi Oblati: «Se loro, per via del
carisma dell’unità, si sentono dell’Opera di Maria, io per via del loro fondatore
mi sento “Oblata di Maria Immacolata”». E subito aggiungeva: «Ma io mi sento di
tutti gli Ordini: di san Francesco, di san Benedetto...».
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