Martedì 13 ottobre. Padre Jules Clouâtre mi accompagna da Montréal a Trois Rivières, quasi due ore di macchina. L’autostrada, in gran parte, è circondata da una foresta ininterrotta che soltanto un grande artista del calibro di Dio poteva dipingere una tela così vasta e bella, che si stende per chilometri e chilometri. Vi sono tutti i sorprendenti colori dell’autunno canadese. La grande varietà di albero si esprimo in un’altrettanta varietà di tinte di giallo, rosso, arancio, marrone: una contemplazione.
Jules Clouâtre. Pare quasi un barbone. È la conseguenza dell’essersi
fatto uno per tanti anni, prima a Ottawa ora a Montréal, con la gente di
strada, specialmente i giovani disadattati, senza fissa dimora, dediti all’alcool
e alla droga, affidati per anni a strutture sociali, senza famiglia o con
famiglie sfasciate e problematiche. In un mondo così ricco e bello come il
Canada vi sono grandissime povertà umane. Padre Jules mi parla di loro con un
amore indicibile, della pazienza che occorre avere: occorre accoglierli senza inutili
pregiudizi, così come sono, riconoscendo Gesù in tutti… Mi racconta di sé e del
suo lavoro con umiltà e semplicità, e per minimizzare mi racconta con
ammirazione degli Oblati anziani dai quali stiamo andando, specialmente di
quelli che per tanti anni hanno lavorato accanto ai minatori della Bolivia, a
quelli che hanno dato la vita con gli indiani…
Ma che bella gente che abbiamo!
A causa del cambiamento del fuso orario mi ero alzano molto
presto, così ho potuto iniziare a scrivere un altro articolo per il Dizionari
di mistica: “Mistero Pasquale”. È proprio il mistero centrale del
cristianesimo, la morte e risurrezione di Gesù. Stranamente, lungo la storia, nella
mistica come nella teologia, vi è stato uno sbilanciamento a favore della prima
dimensione. Nell’esperienza cristiana la conformazione a Cristo è stata
sperimentata soprattutto nell’abbracciare e condividere la sua croce, così come
nella teologia l’opera di salvezza è stata considerata nella sua incarnazione e
morte in croce come culmine e compimento della sua discesa. La risurrezione,
paradossalmente, sembra rimanere marginale, quasi corollario per la prassi e
apologia per la dottrina. La riscoperta, a partire dal periodo successivo alla
Seconda Guerra mondiale, del mistero pasquale nella sua interezza di passione,
morte e risurrezione (nella compiutezza di ‘esaltazione’ e di ascensione al
Cielo), specialmente con il libro di F.X. Durwell, La risurrezione mistero
di salvezza, può essere considerata quasi come ‘una rivoluzione copernicana’
sia nella teologia che nella vita spirituale. Se per molti l'unico sole del
firmamento cristiano era la croce, ora la risurrezione è diventato l'altro
necessario polo di attrazione.
Eppure già il primo annuncio di Cristo poneva in maniera
unitaria i due poli del mistero: «il Figlio
dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo
condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e
flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà» (Mt 20, 18-19). Le prime confessioni di fede a loro volta
indicano entrambe le componenti del mistero, a cominciare da quella trasmessa a
Paolo: «Cristo morì per i nostri
peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno
secondo le Scritture» (1 Cor 15, 3-4).
La predicazione apostolica concentra ciò che è accaduto a Gesù di Nazareth nell’unico evento di morte e
risurrezione: «fu consegnato
a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma
Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte» (At 2, 23-24).
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