Appena un anno fa le pazienti ricerche archivistiche di Vincenzo
David hanno permesso di individuare per la prima volta la villa dei Cannizzaro
nelle campagne palermitane, nella zona “ai colli”. Una conca raccolta da una
catena di montagne che parte dal Monte Pellegrino, comprende la tenuta de “La
Favorita”, riserva di caccia del re Federico, e le numerose ville della nobiltà
palermitana del Settecento che qui trascorreva i mesi estivi.
Anche sant’Eugenio seguiva la famiglia Cannizzaro in questo
luogo che gli divenne subito particolarmente caro, come testimoniano le lettere
che da lì scriveva al padre rimasto a lavorare a Palermo assieme agli zii. “Mio
caro papà, godo di tutte le comodità. Un letto eccellente, una camera
incantevole, gabinetto, ecc. Un cameriere ai miei ordini, che mi ha spolverato
i vestiti questa mattina (cosa importante); l’abito azzurro è stato accomodato;
questa mattina alzandomi credevo di essere in mezzo ai campi. La mia camera ha
una veduta incantevole. I padroni e i servi si affettano a prevenire tutto ciò
che posso desiderare. Qui c’è il più bel tempo del mondo”.
In questi ultimi anni la villa, che adesso è proprietà della
diocesi, è stata sistematicamente depredata e vandalizzata. Hanno asportato
marmi, stucchi, i terrazzi a cassettoni, tutto, riducendola ad una spelonca. Il
grande parco, uno dei più famosi del Palermitano per la ricchezza e varietà
delle piante, è una boscaglia, nella quale i boss della mafia fino a poco tempo
fa andavano a passeggiare impunemente.
Da un anno il cardinale l’ha affidata all’associazione di
padre Pino Vitrano, che in varie parti della Sicilia ha attivato un programma
di recupero di terreni per dare lavoro a disoccupati, senzatetto, gente di strada.
Arriviamo nella tenuta e troviamo persone che zappano,
raccolgono patate, verdure, motozappe che diserbano… Due Zambiani lavorano per
rifare l’impianto idraulico d’irrigazione. Tutto un cantiere agricolo di povera
gente al lavoro. Fuori programma spunta anche, chissà da dove, padre Pino
Vitrano che, sorpreso di trovare un bel gruppo come il nostro, inizia a
raccontare la storia straordinaria della sua opera controcorrente di riscatto
umano e ambientale. A noi sembra di cogliere come una provvidenziale continuità
carismatica con sant’Eugenio.
Per il pranzo siamo in centro, dove possiamo gustare, come
sant’Eugenio dai Cannizzaro, la tipica cucina palermitana. Siamo alla
Focacceria san Francesco, il primo esercizio della città che si è rifiutato di
pagare il pizzo, dando il via a una catena di resistenza alla mafia.
Non manca anche oggi un tocco colturale, decisivo: la visita
al palazzo reale e alla Cappella palatina.
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