mercoledì 13 maggio 2015

Ma cos'è questa vita consacrata? Un Simposio al Claretianum

È iniziato il Simposio “Teologia e teologie della vita consacrata”, promosso dal Claretianum, in quest’anno dedicato da Papa Francesco alla Vita. È l’occasione per un confronto sulle diverse teologie di questa particolare forma di discepolato cristiano. A me è affidata l’ultima relazione, con la quale domani si concluderà il Simposio, forse la più impegnativa: “Criticità di alcune teologie della vita consacrata e ricerca di nuove teologie”.
Mi muovo sul registro delle "tensioni", ossia del dialogo arricchente tra diverse posizioni

La prima tensione si è articolata attorno ai temi della sequela, del radicalismo evangelico, dei consigli, la seconda attorno al tema del carisma. Vi soggiacciono due differenti approcci teologici, uno più essenzialista e assertivo, uno più esistenziale e descrittivo.
Il primo persegue una teologia “solida”, “forte” (sono espressioni più volte ricorrenti nella letteratura in merito), con fondamento in re; elabora una riflessione con categorie e metodologie simili a quelle impiegate per la teologia sacramentaria o più in generale per la teologia dogmatica; il secondo si muove su un differente registro, privilegiando una teologia narrativa, fenomenologica, meno preoccupata di definire e più attenta a descrivere.
Il primo ricerca gli elementi comuni, costitutivi dello stato di vita consacrata; il secondo è attendo alle differenti forme e al rispetto della specificità di ogni singola istituzione.
Il primo è privilegia gli elementi permanenti e in certo modo statici; il secondo quelli dinamici e storici.
Da qui una “criticità” nei confronti della radicalità evangelica: «la radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti» (papa Francesco). Esegesi e Teologia hanno lavorato per eliminare le differenze e insieme per sottolineare le specificità.
Criticità verso i “tre” consigli. Non si tratta della contrapposizione tra precetto e consiglio, quanto della limitazione dei consigli alla triade. A posteriori la triade è facilmente giustificabile, più difficile a priori. Come è avvenuta l’introduzione dei tre voti nel progetto di vita e di missione di ogni singolo Istituto di vita consacrata? È veramente la professione dei voti riguardanti i cosiddetti “tre consigli evangelici” l’elemento essenziale della consacrazione religiosa?
La vita consacrata è fondata sull’esempio e sulle parole di Gesù. Ma su quale esempio e su quali parole? Si apre qui l’azione dello Spirito nel “dispiegare” Cristo nei secoli. La diversità carismatica va recepita come un “accidente” che si innesta sulla “sostanza” della vita consacrata, un semplice optional dell’unica e generica vita consacrata, oppure esso precede e modella le differenti componenti del progetto di vita consacrata che vengono integrate in esso, voti compresi?

Individuo una seconda tensione di ordine ecclesiologico, tra consacrazione-stato di vita da una parte e segno-profezia dall’altra; nella ricerca dello statuto ecclesiologico e della specificità, tra ciò che distingue e ciò che unifica. Come nella prima tensione privilegio il registro del carisma, in questa seconda privilegio quello del segno e della rappresentanza, della memoria e della profezia.
Una lettura simbolica, parabolica, della vita consacrata oltre ad evitare il rischio di una sua troppo netta separazione rispetto alle altre vocazioni nella Chiesa, induce a guardare ad essa come ad una modalità particolare di vivere la comune vita cristiana, piuttosto che come a realtà posta su un piano diverso. Mi piace, in proposito, evocare la figura del poeta, che è tale quando sa esprimere ciò ogni persona prova e vive. Non dice cose diverse, altrimenti sarebbe incomprensibile, ma lo dice in un modo che spesso gli altri non sanno dire. Questi gli sono grati perché vedono rispecchiato nella poesia, in maniera quasi rivelativa, quando avvertono in se stessi in maniera spesso confusa o inespressa.

Proseguo poi con un’altra fruttuosa tensione: tra dimensione teologale e ministeriale-comunitaria, per recuperare la dimensione ministeriale-apostolica come identitaria del progetto di vita consacrata. Per terminare con la dimensione comunitaria, essendo la comunione, come ha ricordato papa Francesco, «il bene più prezioso, il sigillo dello Spirito Santo (…). Si tratta della grazia suprema che Gesù ci ha conquistato sulla croce, la grazia che da risorto chiede per noi incessantemente, mostrando le sue piaghe gloriose al Padre: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).
La teologia della vita consacrata dovrà avere sempre dinanzi questi vasti orizzonti, gli stessi per i quali il Figlio Dio ha vissuto, è morto ed è risorto.


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