È iniziato il Simposio “Teologia e teologie della vita
consacrata”, promosso dal Claretianum, in quest’anno dedicato da Papa Francesco alla Vita. È l’occasione per un
confronto sulle diverse teologie di questa particolare forma di discepolato cristiano.
A me è affidata l’ultima relazione, con la quale domani si concluderà il Simposio,
forse la più impegnativa: “Criticità
di alcune teologie della vita consacrata e ricerca di nuove teologie”.
Mi muovo sul registro delle "tensioni", ossia del dialogo arricchente tra diverse posizioni
La prima tensione si è articolata attorno ai temi della sequela, del
radicalismo evangelico, dei consigli, la seconda attorno al tema del carisma. Vi soggiacciono due differenti approcci
teologici, uno più essenzialista e assertivo, uno più esistenziale e
descrittivo.
Il primo persegue una
teologia “solida”, “forte” (sono espressioni più volte ricorrenti nella
letteratura in merito), con fondamento in
re; elabora una riflessione con categorie e metodologie simili a quelle
impiegate per la teologia sacramentaria o più in generale per la teologia
dogmatica; il secondo si muove su un differente registro, privilegiando una
teologia narrativa, fenomenologica, meno preoccupata di definire e più attenta
a descrivere.
Il primo ricerca gli elementi
comuni, costitutivi dello stato di vita consacrata; il secondo è attendo alle
differenti forme e al rispetto della specificità di ogni singola istituzione.
Il primo è privilegia gli
elementi permanenti e in certo modo statici; il secondo quelli dinamici e
storici.
Da qui una “criticità” nei confronti della radicalità
evangelica: «la radicalità evangelica non è solamente dei
religiosi: è richiesta a tutti» (papa Francesco). Esegesi e Teologia hanno
lavorato per eliminare
le differenze e insieme per sottolineare le specificità.
Criticità verso i “tre” consigli. Non si tratta della
contrapposizione tra precetto e consiglio, quanto della limitazione dei consigli
alla triade. A posteriori la triade è facilmente giustificabile, più difficile
a priori.
Come è avvenuta l’introduzione dei tre voti nel progetto di vita e di missione
di ogni singolo Istituto di vita consacrata? È veramente la professione dei
voti riguardanti i cosiddetti “tre consigli evangelici” l’elemento essenziale
della consacrazione religiosa?
La vita consacrata è fondata
sull’esempio e sulle parole di Gesù. Ma su quale esempio e su quali parole? Si
apre qui l’azione dello Spirito nel “dispiegare” Cristo nei secoli. La
diversità carismatica va recepita come un “accidente” che si innesta sulla “sostanza”
della vita consacrata, un semplice optional
dell’unica e generica vita consacrata, oppure esso precede e modella le
differenti componenti del progetto di vita consacrata che vengono integrate in
esso, voti compresi?
Individuo una seconda tensione di ordine
ecclesiologico, tra consacrazione-stato di vita da una parte e segno-profezia
dall’altra; nella ricerca dello statuto ecclesiologico e della
specificità, tra ciò che distingue e ciò che unifica. Come nella prima tensione privilegio il registro del
carisma, in questa seconda privilegio quello del segno e della rappresentanza,
della memoria e della profezia.
Una lettura simbolica,
parabolica, della vita consacrata oltre ad evitare il rischio di una sua troppo
netta separazione rispetto alle altre vocazioni nella Chiesa, induce a guardare
ad essa come ad una modalità particolare di vivere la comune vita cristiana,
piuttosto che come a realtà posta su un piano diverso. Mi piace, in proposito, evocare
la figura del poeta, che è tale quando sa esprimere ciò ogni persona prova e
vive. Non dice cose diverse, altrimenti sarebbe incomprensibile, ma lo dice in
un modo che spesso gli altri non sanno dire. Questi gli sono grati perché
vedono rispecchiato nella poesia, in maniera quasi rivelativa, quando avvertono
in se stessi in maniera spesso confusa o inespressa.
Proseguo poi con un’altra
fruttuosa tensione: tra dimensione
teologale e ministeriale-comunitaria, per recuperare la dimensione ministeriale-apostolica
come identitaria del progetto di vita consacrata. Per terminare con la dimensione
comunitaria, essendo la comunione, come ha ricordato papa Francesco, «il bene più prezioso, il
sigillo dello Spirito Santo (…). Si tratta della grazia suprema che Gesù ci ha
conquistato sulla croce, la grazia che da risorto chiede per noi
incessantemente, mostrando le sue piaghe gloriose al Padre: “Come tu, Padre,
sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi
hai mandato” (Gv 17,21).
La teologia
della vita consacrata dovrà avere sempre dinanzi questi vasti orizzonti, gli
stessi per i quali il Figlio Dio ha vissuto, è morto ed è risorto.
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