Nel suo cammino verso Paddan-Aram,
in cerca di una moglie, il patriarca Giacobbe
giunge nei pressi della città di Luz. Di notte sogna una scala che unisce cielo
e terra: vi salgono e scendono angeli. Al risveglio esclama: «Certo, il
Signore è in questo luogo e io non lo sapevo… Quanto
è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta
del cielo». Vi erige una stele e dichiara quel lungo “casa di Dio”, dandole il
nome di Betel (Gen 28, 16-22).
Un’altra notte – ha ormai moglie e figli – Giacobbe
attraversa il guado del torrente Iabbok.
Rimasto solo si trova a lottare con un uomo fino allo spuntare dell'aurora,
quando dallo sconosciuto si sente dire: «Hai combattuto con Dio e con gli
uomini e hai vinto!». «Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel "Perché -
disse - ho visto Dio faccia a faccia…"» (Gen 32, 23-32).
Da quando Adamo ed Eva erano stati cacciati dal paradiso, non
v’era più un luogo nel quale potersi dare appuntamento per l’incontro con Dio.
Come il padre Isacco, come Abramo, padre di suo padre, anche Giacobbe non ha un
“tempio” come quello dell’Eden, non ha una terra da condividere con Dio, non
una “casa”. Cammina nomade, sotto le tende. Dio non rinuncia però all’incontro.
Continua a cercare la sua creatura, si fa viandante con lei e l’attende al
varco. Ad Abramo era apparso alle Querce di Mambre, «mentre egli
sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno». Il vecchio gli
corse incontro e lo pregò di fermarsi. Il Signore passava proprio nei pressi
della tenda sua tenda, alla quercia di Mambre (Gen 18, 1-3). Ora aveva scelto Betel e Penuel per
incontrare Giacobbe. Il patriarca non sapeva che Dio fosse in quei luoghi. Gli
appare d’improvviso, senza preavviso, in località che niente, sembrava,
avessero a che fare con il divino.
I luoghi dell’incontro non li decidiamo noi, li sceglie lui.
I luoghi di Dio sono quelli che egli prepara per lasciarsi trovare
e dove spera che noi possiamo trovarlo. I luoghi di Dio sono prima di tutti
quelli dell’incontro di Dio con l’uomo, soltanto dopo i luoghi dell’incontro
dell’uomo con Dio.
A Mosè chiese di costruire una tenda speciale, la “tenda del
convegno”, dove poter venire a incontrare il suo popolo: «Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna
di nube e restava all'ingresso della tenda. Allora il Signore parlava con Mosè…
Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un
altro» (cf. Es 33, 7-11). Dopo aver scelto la città
di Gerusalemme come sua sede – così cantano i Salmi – Dio concedesse a Salomone
di costruirgli un tempio. Alla sua inaugurazione «la nuvola
riempì il tempio… perché la gloria del Signore riempiva il tempio, e Salomone
esclamò: “Il Signore ha deciso di abitare sulla nube. Io ti ho costruito una
casa potente, un luogo per la tua dimora perenne”» (1 Re, 8,
11-13). Dio ha quindi un luogo dtabile dove poterlo incontrare.
I profeti hanno tuttavia diffidato il popolo dall’adagiarsi
sulla sicurezza del possesso di Dio legata al tempio e dall’inutile
ripetizione: «Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è
questo», quasi fosse un mantra magico che garantisce il rapporto con Dio (Ger 7, 4). Il discorso di Stefano, che
lo condurrà alla lapidazione, riassume la presa di distanza dal tempio come
luogo che imprigiona Dio: David «domandò
di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe; Salomone poi gli edificò
una casa. Ma
l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo» (Atti, 7, 46-48).
Distrutto e ricostruito e distrutto di nuovo, oggi del tempio
non rimane pietra su pietra, come Gesù aveva profetato (cf. Mt 24, 21). Con la morte di Gesù il suo
velo, che proteggeva il sacrario interno, il santo dei santi, si squarciò (cf. Mc 15, 38), a significare che ormai esso
non racchiudeva più la presenza dell’Altissimo, che si dilata nel mondo intero.
O forse il velo che si squarciò era quello che separava la zona dei pagani da
quella riservata agli ebrei: il popolo d’Israele non sarebbe più “il luogo”
esclusivo della presenza di Dio, resosi ormai accessibile a tutti i popoli. La
fede del centurione romano ne è la prova immediata.
Dove dunque ci porterà il desiderio di Dio, per quale le vie
incamminarci alla sua ricerca, quali i luoghi dell’incontro?
Inizia così la seconda meditazione per il ritiro di Bari che non farò per mancanza di iscrizioni...