Per la prima volta lascio Tarquinia e mi inoltro
nell’entroterra della Tuscia, verso Tuscania. Un paesaggio arcaico mi porta
fuori del mondo, tra campagne, colline, macchie che furono l’ambiente naturale
degli antichi Etruschi. Sono soltanto di passaggio, ma a sera mi arresto un
attimo a contemplare Tuscania, le sue mura intatte, il castello, le chiese. Uno
sguardo veloce, quanto basta per restare abbacinato e per sentir nascere il
desiderio di tornarvi con calma a godere secoli di storia fatti pietra, dal VII
secolo avanti Cristo degli Etruschi, ai secoli romani, medievali,
rinascimentali… Mi sembra una città addormentata, fermata nel tempo. Ritrovo la
stessa parola “addormentata”, nello scritto di uno storico locale, Luigi Benso Pierdomenico:
“Lungo
la ombrosa strada che da Tarquinia porta a Viterbo; a dondolo di sette colli
pittoreschi; a zonzo nella ridente valle del Fiume Marta dalle acque dorate
sotto i raggi di un sole signore assoluto del cielo; in un'atmosfera
addormentata sotto una coltre di raso azzurro, si trova Tuscania, rara perla di
quella che fu la Maremma dalle macchie impenetrabili, dalle mandrie sterminate
di bestiame, dai butteri selvaggi”.
Le due chiese romaniche appena fuori della cinta
delle mura, Santa Maria e san Pietro, sono chiuse, perché ormai è tardi. Mi
basta vederle splendere, nei colori d’arancio dei fari notturni, per domandarmi
come mai abbiamo così tante bellezze nascoste nella nostra Italia. Corro il
mondo e ancora non conosco casa mia. Eppure sono un toscano, erede di questo
popolo antico, quindi tutto mi appartiene: quale grande eredità ci hanno
lasciato i nostri antichi padri, un patrimonio da valorizzare.
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