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Francesco, un papa “glocal” 3/3
Il vescovo di Roma, perché così locale, appare più
che mai globale, nel superamento della tensione tra globalizzazione e localizzazione di cui parla al
n. 235, per evitare i due estremi: un universalismo astratto da una parte, un museo
folkloristico dall’altra. Il rischio maggiore sembra quello di lasciarsi
intrappolare nel particolare, fino ad essere «condannati a ripetere sempre le
stesse cose, incapaci di lasciarsi interpellare da ciò che è diverso e di
apprezzare la bellezza che Dio diffonde fuori dai loro confini». Ed ecco la
felice conclusione: «Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro
semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni
limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un
bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza
evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra
fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel
piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia».
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