“La
mia vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro queste sacre
mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata mi sembrano 24 brevi istanti;
davvero la mia vita è piena di gioia”
Queste
parole scritte dal giovane Francesco alla famiglia sembrano contrastare
fortemente con il nome assunto entrando tra i passionisti: Gabriele dell’Addolorata.
Per
la prima volta ieri, tornando da Teramo, sono passato velocemente dal santuario
che custodisce le sue spoglie, ai piedi del Gran Sasso. Ho visto la cella nella
quale ha vissuto, il coro dell’antico convento, il santuario primitivo, con l’urna
del santo, il santuario nuovo, il salone con gli ex voto ricchi di ingenua e
intensa fede di migliaia di pellegrini.
I
picchi innevati scintillanti sotto i raggi del sole, il silenzio e la gran pace
che irradia l’ambiente, il cielo terso, mi hanno reso, per pochi attimi il
mondo bello e aspro nel quale Gabrielle a vissuto e si è fatto santo a 24 anni.
Lasciando
il santuario andiamo incontro al Gran Sasso che, come disse Giovanni Paolo II
visitando il santuario, “con la sua ardita impennata invita non solo a compiere
escursioni turistiche, ma anche ascensioni spirituali”.
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