La mia conferenza
sulla vecchiaia inizierà con una testimonianza, quella di p. Olegario Domínguez,
Oblato partito per il cielo pochi giorni fa, il 3 aprile. Perché ricordarlo?
Perché era l’Oblato più anziano, morto a 103 anni? Non solo per questo.
Soprattutto per come ha vissuto la sua vecchiaia. A 60 anni ha ricominciato con
una vita nuova, andando in missione in Paruguay, e ha sempre ricominciato, con
“rinnovata giovinezza”, come scrive lui stesso, cercando, fino alla fine, di
“crescere nell’amore e nella fedeltà”.
P. Olegario nasce a
Portilla de la Reina, in Spagna, il 6 marzo 1920. Dal 1940 al 1948 studia a
Roma, dove consegue il dottorato in teologia all’Università Gregoriana. Nel
1943 ottiene il secondo premio dall’Accademia S. Tommaso per un suo lavoro sul
pensiero missionario nelle opere di san Tommaso, e nel 1945 il primo premio al
concorso missionario dell’unione del clero.
Nelle note per la
prima obbedienza, al termine degli studi, viene descritto come una persona con
un carattere buono, socievole, capace di profonda amicizia, senso del dovere,
umile, senza pretese, riservato. Evidenti le doti e la preparazione per
l’insegnamento: “in questo campo darà il meglio di sé, sarà un professore di
carriera. È un intellettuale, serio e con notevole equilibri, capace di
risultati solidi, anzi notevoli”. Sarà allora missionario o professore? ”Ha
certamente pensato alle missioni – concludono i superiori – ma non è proprio ciò
che chiameremmo uno slancio missionario. Ma non ha espresso neppure un
desiderio particolare per l’insegnamento. Non manca di intraprendenza: la timidezza
naturale gli impedisce, pensiamo, di formulare un desiderio che sia davvero
preminente”. Conclusione? “È pronto a fare quello che gli si domanderà di
fare”. I superiori lo indirizzano decisamente all’insegnamento.
Nel 1962, a 42 anni, viene
nominato superiore dello scolasticato. A suo favore, come si legge nella
richiesta di nomina indirizzata al Superiore generale, gioca una “indiscutibile
competenza dottrinale, esempio e virtù da tutti riconosciute, spirito di
sacrificio e dono di sé nella cura degli scolastici”. Non tutti siamo perfetti,
naturalmente, neppure p. Olegario, che non se la cava troppo con le questioni
amministrative e a tratti sembra piuttosto severo e rigido in quei principi in
cui crede profondamente, anche per un grande senso di responsabilità. Forse per
questo rimane superiore soltanto per un solo triennio. Il 1968 segna anche la
fine dell’insegnamento allo scolasticato. Sono i tempi duri della contestazione
studentesca… P. Olegario è nominato superiore della casa di Madrid.
Il periodo
postconciliare porta un vento nuovo anche nella Congregazione. P. Olegario, che
continua a lavorare nel capo della missiologia, è attento a mantenere l’ago
della bussola puntato su ciò che più vale. Lo testimonia una lettera al Superiore
generale, a seguito del Capitolo del 1972. In essa esprime delle riserva sul
documento capitolare “Visée missionnaire” (anche perché – come gli farà
rilevare il Superiore generale rispondendogli – non erano stati ancora
pubblicati gli altri documenti sulla vita comunitaria e la spiritualità che,
nel loro insieme, avrebbero dato un’idea più completa del missaggio del
Capitolo): «Si parla bene dell’unione cogli uomini dei nostri tempi – scrive p.
Olegario –, ma non dell’unione con Cristo che sola può dar senso cristiano e
missionario a nostri contatti “apostolici”. Gli Apostoli sono stati scelti “ut
essent com Christo et ut mitteret eos preadicare”. Se manca il primo fattore,
il messaggio evangelico resterà senza frutto: sine me nil potestis facere”. (…)
questi miei pensieri non mi portano allo scoraggiamento né alla amarezza.
Vorrei che soltanto mi portassero a pregare di più per la Congregazione e
specialmente per coloro che ne portano la più pesante responsabilità ed a
rispondere con maggiore fedeltà alla mia vocazione di Oblato di Maria
Immacolata» (5 giugno 1972).
Per p. Olegario
inizia un momento di prova. Ha l’impressione che il cammino degli Oblati stia
andando in una direzione sbagliata. Si sente solo, inascoltato e si vede
impotente davanti a situazioni che ritiene fuorviati. Si confida con il
Superiore generale esprimendo tutta l’amarezza per quello che ritiene come un
tradimento della vita e spiritualità oblata. È la sua notte. Continua tuttavia
ad avere un ruolo positivo all’interno della Conferenza nazionali dei religiosi
della Spagna (CONFER), continua le sue pubblicazioni sulla missiologia. Nel
1974 gli vengono offerti dei corsi al seminario maggiore di Haiti.
Finalmente nel 1975
viene nominato Bibliotecario Assistente della Biblioteca dell’Università
Urbaniana. Un modo per dargli fiducia. Viene così a far parte della casa
generalizia a Roma. Vi rimane soltanto quattro anni. Il 12 giugno 1979 scrive
infatti al Cardinale Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
popoli chiedendogli, in accordo con i superiori, di liberarlo dall’incarico di
bibliotecario perché “mi sembra di dovermi dedicare a lavorare all’insegnamento
e alla predicazione, più adatti alla mia formazione e al mio talento; credo che
in questo renderei un maggior servizio alla Chiesa”.
P. Olegario ha ormai
sessant’anni. È considerato una persona anziana. E proprio adesso comincia una
vita nuova: finalmente può partire per la missione. Vuole dare una svolta alla
propria vita. È come una liberazione. Ed eccolo, nel 1980, in Paraguay, al
noviziato dell’America Latina. Presentandolo al Provinciale, il Superiore
generale, p. Fernand Jetté, scrive: «Padre Domínquez è un religioso eccellente
e un buon lavoratore sul quale si può contare pienamente». Pochi mesi più tardi
p. Olegario scrive a p. Jetté: «Qui sono molto contento, e vi ringrazio di
avermi mandato in questa missione» (10 ottobre 1980). «Qui mi trovo benissimo e
sono sempre più contento di poter offrire la mia povera collaborazione a questa
Chiesa latinoamericana che si edifica nella povertà, nelle difficoltà, nella
speranza» (11 maggio 1982). È il momento della sua resurrezione dopo gli anni
bui vissuti in Spagna e a Roma.
Nella sua “vecchiaia”
p. Olegario inizia una vita nuova, pienamente in donazione: compie un’opera
immane di traduzione in spagnolo degli scritti oblati, continua a dare corsi di
teologia in seminario, agli istituti religiosi; fa opera di accompagnamento
nella formazione degli Oblati e nella Conferenza dei superiori maggiori
dell’America Latina; scrive articoli… La grande prova della fine anni Sessanta,
inizi anni Settanta, è definitivamente passata. Il generalato di p. Jetté, la
nuova Regola, la missione in America Latina, gli ridonano gioia, fiducia,
speranza.
Nel 1987 passa dal
noviziato allo scolasticato come assistente nella formazione. Al nuovo Superiore
generale, p. Zago, scrive in merito: «Vorrei, voglio mettere come fondamento
della formazione la mia testimonianza di amore a Cristo, alla Chiesa, alla
Congregazione… Ma sono molto lontano da questo ideale. Voglio anche guardare
Maria come Madre e Modello, come “stella di evangelizzazione”, sorgente
d’ispirazione e di coraggio» (21 dicembre 1987).
Nelle sue lettere
parla della missione, dei confratelli Oblati, dei giovani in formazione, della
teologia della liberazione, della Chiesa sudamericana… Mai una critica, una
riserva. Sa cogliere il positivo in tutto, dà fiducia a tutti, incoraggia
tutti… Da parte sua non si sente mai un arrivato, ma sempre in crescita, “molto
lontano” dall’ideale della sua vocazione. Legge, si informa, si documenta,
perché ha sempre da imparare.
In occasione della
celebrazione del 50° anniversario di vita religiosa scrive nuovamente al Superiore
generale raccontandogli della “bellissima giornata” di festa che gli è stata
riservata: «La riconoscenza per i tanti favori del Signore, che volle servirsi
del mio povero ministero per l’annuncio del suo Regno, riempiva il mio cuore.
Ho sentito pure il peso della mia fragilità e tiepidezza nel corrispondere al
Suo amore, ma, affidandomi alla Sua Misericordia, confido di progredire nella
strada dell’amore e di poter riempire le lacune lasciate indietro… Sentii
specialmente il bisogno di amare di più i giovani a me affidati, di spendere
meglio la mia vita per loro… Mi accompagnavano parecchi Padri della
Viceprovincia e tutti i giovani: prenovizi, novizi e scolastici. Con questa
splendida corona attorno, mi sentii incoraggiato ad andare avanti con una
rinnovata giovinezza». È una lettera che si presterebbe a molte considerazione,
a cominciare dalla “rinnovata giovinezza” che nasce dal rapporto con gli altri,
soprattutto le nuove generazioni, e dalla consapevolezza della propria
“fragilità e tiepidezza” e della fiducia in Dio per poter “progredire nella
strada dell’amore”.
Il 21 novembre 1991
(p. Olegario ha 81 anni) scrive al Padre generale: «Io continuo al mio posto.
Cerco di portare avanti con dedizione, coraggio e pazienza il compito che la
Congregazione mi ha affidato, anche se tante volte sperimento la mia povertà e
insufficienza morale… Continuerò a spendere le energie che il Signore mi vuol
dare e le mie modeste risorse nella formazione di questa piccola famiglia. Come
lavoro aggiunto, presto attenzione pastorale a due borgate vicine, e penso alla
traduzione delle opere oblate». Ancora una volta la testimonianza che non si
risparmia, ma spende per la missione tutte le energie che il Signore gli ha
dato.
2 febbraio 1995.
Ancora una lettera piena di fiducia e di speranza, nella quale mostra tutta la
stima e la fiducia negli Oblati con i quali lavora. Di sé dice: «Continuiamo a
lavorare con gioia e pregando, con la mediazione dell’Immacolata e del nostro “santo”
Fondatore, perché le vocazioni oblate continuino a crescere nelle nostre chiese
latino-americane, così povere di risorse materiali e così ricche di
religiosità…».
Giunge intanto il
cinquantesimo di ordinazione sacerdotale che celebra il 10 marzo 1996. In
quella occasione ricorda: «Il giorno dell’ordinazione, nell’antica Casa
Generalizia di Via Vittorino da Feltre, erano presenti, in più del Cardinale
Villeneuve, che mi impose le mani, il P. Balmès, Vicario Generale, e il p.
Rousseau, Superiore della Comunità, tre grandi Oblati, di cui conservo vivo il
ricordo, e pochi altri confratelli. Questa volta ho celebrato il Santo
Sacrificio circondato dai fedeli di una piccola comunità suburbicaria nella
quale svolgo di solito il ministero; concelebrano con me parecchi Oblati (fra loro
Mons. Lucio e il P. Provinciale) e alcuni sacerdoti amici».
Per la circostanza
scrisse un sonetto:
Dulce Amor, de mi vida en los albores,
Me llamaste a seguirte en tu sendero,
Para ser de tu Amor el mensajero
Y compartir tus planes redentores.
No te espanté mi barro; mis errores
y miseria abrasaste en tu brasero;
me fiaste de rus Gracias al venero:
tus Perdones, tu Pan y tus Valores…
¡Cómo cantarte, cómo agradecerte!...
Dame ser siempre tu veraz testigo
entre tus pobres, fiel hasta la muerte.
Dame que en Ti y por Ti y contigo
extienda tu Reinado manso y fuerte:
sólo para eso viva, dulce Amigo.
All’inizio del nuovo secolo (p. Olegario ha ormai 83 anni), ripete: «Sono
ancora di buon umore, offrendo la mia modesta collaborazione alla vita della
Provincia…» (22 ottobre 2003).
Il 27 aprile 2004 scrive con lo stesso ardore: «Riguardo alla mia vita, ho
poco da dire. Scorre in un ambiente abbastanza monotono. Continuo a dare
lezione nell’istituto di teologia, dove sono bene accolto dai professori e
dagli studenti; continuo anche qualche lavoro pastorale nelle comunità vicine e
a prendermi cura di varie comunità religiose. Grazie a Dio, ho buona salute e
vivacità d’animo, però non mi posso nascondere che gli anni non passano invano.
Quello che chiedo al Signore è che quanto mi resta da vivere (non penso sia
molto) sia impiegato a suo servizio e che non smetta di crescere in amore e
fedeltà. Spero che l’Immacolata dia un impulso alla mia vita spirituale che
trovo molto mediocre. Accetto con gioia di parlare alla prossima settimana
teologica sul tema della Verginità di Dio». Anche su questa ultima lettera
varrebbe la pena soffermarsi, almeno per cogliere il costante desiderio di
crescita “in amore e fedeltà”: non si ferma, sempre avanti, sempre meglio…
Fino a 90 anni non si è mai perso una delle missioni giovanili che si
svolgevano ogni anno in Paraguay. A 98 anni accompagnava ancora i seminaristi
che facevano la tesi di laurea in teologia.
Nel 2018, in occasione della prima Assemblea della nuova Provincia
Croce del Sud, che riuniva vari Paesi dell’America Latina, e alla quale p.
Olegario non poteva partecipare a causa della salute, egli indirizzò «alcune parole
di affettuoso saluto, come membro di questa nuova Provincia e come
"fratello maggiore" per età all'interno di essa». Nella
lettera scrive: «La prima cosa che vi dico è che sono molto dispiaciuto di non
poter partecipare personalmente a questa Assemblea (…). Offrirò al Signore il
mio dolore e le mie privazioni, insieme alla mia povera preghiera, per il buon
esito dei lavori dell'Assemblea. In secondo luogo, voglio esprimervi quanto mi
sono sentito e mi sento felice di partecipare a questa zona di missione dove
Dio mi ha chiamato. Qui ho visto crescere la Chiesa di Cristo tra fatiche e
difficoltà, ma sempre con l'incoraggiamento e la speranza riposte nell'aiuto
del Signore, come i "poveri di Jahvè" di cui parla la Bibbia. Qui ho
visto e assistito a un'effusione di spirito missionario, che non può non commuovere
il Padrone della messe e assicurargli frutti copiosi». La lettera continua
dando testimonianza ai tanti Oblati che hanno lavorato in quella regione. Poi
prosegue: «Se mi permetteste qualche consiglio ("consigli del vecchio", dice il
proverbio) vi direi di accogliere la nuova situazione come un dono prezioso del
Signore che, attraverso lo scambio reciproco di doni e carismi, fa sorgere
nuove iniziative e aspirazioni, alle quali prima la povertà e la debolezza dei
nostri quadri bloccavano la strada. Accettato quel dono, entriamo in lizza con
audacia e gioia, due caratteristiche molto importanti nelle consegne del nostro
Papa Francesco. L'audacia, che il nostro Fondatore ha espresso con la frase
incisiva Nihil linquendum inausum (niente deve rimanere intentato) ci invita a superare
le nostre paure di andare nelle periferie e a non perdere nessuna
occasione per l'annuncio evangelico ai poveri. E la gioia è il frutto
inseparabile dell'amore, anzi, è il frutto dello Spirito in chi cerca di vivere
e irradiare la carità cristiana. Entrambe le virtù hanno le loro radici in un
rapporto amichevole e fiducioso con Cristo, che ci chiama a condividere la sua
meravigliosa missione tra i poveri della nostra regione. Ora saluto tutti voi
con la nostalgia di non avervi abbracciati personalmente. Vi offro la mia
simpatia e la voglia di collaborare con quello che posso e ho. Vedo che le mie
risorse, sempre modeste, sono state ulteriormente ridotte dalla mia malattia e
dai miei disturbi. Il Signore, che mi ha concesso di dedicare tanti anni all'"azione",
sembra chiedermi, in questa fase finale della mia vita, di offrire la mia
"passione", l'accettazione gioiosa dei miei limiti e malesseri,
insieme alla mia mediocre preghiera, per l'efficacia della “nostra missione”».
Il 7 agosto 2018 il Provinciale lo destina alla sua ultima dimora, la
comunità della casa centrale a Assunción. Aveva una ferita a una gamba che non
guariva. La prima reazione è negativa, dicendo che avrebbe servito meglio nel
Post-noviziato. Era molto obbediente, ma si sentiva libero di comunicare
ai superiori il suo pensiero. Il deterioramento della salute lo obbliga comunque
ad accettare il trasferimento per essere meglio curato da infermieri e medici.
Anche nella casa centrale di Asunción è rimasto una presenza positiva, confessore instancabile, e più volte tanti vescovi continuavano ad andare a confessarsi da lui. Parlava a quegli Oblati che gli sembrava avessero dei problemi e li invitava a riconciliarsi con i confratelli. E fino all'ultimo momento ha risposto con messaggi vocali WhatsApp a quanto il superiore gli inviava.
È qui che pochi mesi fa lo ha raggiunto la telefonata del nuovo Superiore generale, questa volta spagnolo come lui: “P. Olegario ho una missione per te”. “Ma ormai sono vecchio, non ho più le forze”. “No, no. Ho proprio una missione per te: pregare per la Congregazione”. “Ah! Questo sì, volentieri, sempre”.
Così p. Olegario si è preparato per l’ultima tappa della sua vita,
conclusasi nella notte del lunedì Santo, 3 aprile 2023, per entrare nella
Pasqua eterna.
Bellisimo. Grazie
RispondiEliminaTrès émouvant comme témoignage de vie oblate totalement vécue dans l'obéissance. Merci pour ce beau témoignage de vie oblate
RispondiEliminaMuchas gracias, Fabio! Muy acertado
RispondiEliminaGrazie! Che bella vita! Dio ci aiuti ad essere fedeli come lui!
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