“Van Gogh è un vagabondo dell’Assoluto, un ricercatore
terribilmente inquieto della verità, un eterno insoddisfatto”. Così Mario Dal
Bello presentando la mostra a Roma in occasione dei 170 anni dalla nascita dell’artista.
Sono andato anch’io a vedere la mostra. Ogni giorno una
fila infinita. Sono abbastanza fortunato, soltanto un’ora e un quarto di attesa. Ancora più
fortunato: quando giungo ormai davanti alla biglietteria mi si accosta un
signore: “Sono con un gruppo, ma mi ritrovo con un biglietto in più, posso
darglielo?”. 18 euro risparmiati! Sarebbero comunque stati spesi bene.
Non sono molte le opere in esposizione, una cinquantina.
Non ci sono opere celebri come “I girasoli” o i “Cieli notturni”. Si inizia con
i disegni, quelli che conosco di meno, che mi introducono nel mondo dei poveri,
dei lavoratori, dei semplici: quando amore per questa gente! Poi avanti con il
colore, sempre più vivo, che avvampa i campi, il cielo. Rimango incantato
davanti a dei pini d’inverno, ai fili d’erba di un prato che riempiono un
quadro intero. È come se la vita si diffondesse ovunque e tutto rendesse vivo.
Leggo nei suoi scritti: “Più divento brutto, vecchio,
cattivo, malato e povero, più desidero riscattarmi facendo colori brillanti,
ben accostati e splendenti”. Che bello innamorarsi del bello!
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